Del sentimento religioso considerato come oggetto e fattore di educazione

Le condizioni dell'istruzione religiosa in Italia

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 Archivio Barnabitico di Roma
Manoscritto n. 165 

 

A. Il Testo:     B. Per approfondire:     C. Letture consigliate:

 

A. Il Testo (continua):

Quando il bilancio religioso umano lo si abbracci così nella sua integrità – ed è il solo modo veramente  positivo ed  onesto di abbracciarlo – la questione si sposta.     Non si tratta  più di sapere se la religione abbia fatto del male – si tratta di sapere se non abbia fatto del bene –   si tratta di decidere: è  meglio la religiosità coi suoi difetti – o la irreligiosità pura e semplice?    Signori – oggi noi siamo bene spesso vittime di [26] uno strano modo di ragionare: abbiamo acuito lo sguardo critico  sui   difetti e  gli inconvenienti di molti istituti – p(er) es(empio) la   proprietà,   per esempio l’organizzazione sociale degli uomini  –  p(er)   es(empio)   la indissolubilità del vincolo domestico e per questi difetti e inconvenienti chiediamo [27] l’abolizione dei rispettivi istituti – simili a quel medico che completati i molteplici dolori di cui il capo è sorgente nell’uomo,  ne imponesse l’amputazione – non curando, cioè, di sapere e valutare quali mali, forse ben più gravi, porterebbe l’abolizione di forze e istituti non scevri di difetti.

I mali che la religiosità (abusata, diciamo noi …  ma per ora sospendiamo ancora ogni apprezzamento e diciamo la  religiosità) ha prodotto, produce, voi ve li siete sentiti e ve li sentite enumerare molto spesso.   La critica è il più facile mestiere di questo mondo – per criticare Dante basta essere un Bettinelli qualunque –   ma [28] quali danni produce la morte della religione nelle anime individue e  più in quella collettiva anima che è un popolo, una nazione, lasciate che io ve lo ricordi con una celebre pagina d’un uomo che ha costruito uno dei più mirabili monumenti storici, Ippolito Taine, un uomo a cui la filosofia astratta aveva in gioventù suggerita la più radicale irreligiosità, e lo studio della realtà umana suggerì nell’età adulta un’ attitudine piena di rispettosa simpatia per il Cristianesimo.

Riepiloghiamo [29] [30], o signori – il sistema che riduce la religiosità a una fonte di guai, niente altro che guaitantum religio potuit suadere malorum– e che chiede in conseguenza una pedagogia positivamente antireligiosa, chiede  una estirpazione del bacillo religioso dal cuor del fanciullo, quel sistema nasce da una visione incompleta della fenomenologia religiosa della umanità, quel sistema propone il rimedio sinistramente radicale di chi bruciatosi il forno propone l’abolizione del pane.

La realtà [31] psicologica  è questa: la religiosità c’è nell’uomo – ingenuo dunque il disinteressarsene come vorrebbero i nihilisti spregiudicati e ferini –  ed è pur troppo capace di degenerare e corrompersi  –  ingenuo dunque  il  crederla  non suscettibile, non bisognosa di cautele e miglioramento nessuno, come se ella fosse in noi quella cosa tutta divina che è in sé – ma è anche capace di elevazioni sublimi, e ispirazioni nobili – il che condanna il radicalismo spiccio di quei nihilisti fieri e rabbiosi che vorrebbero l’educazione (educazione per antifrasi) rivolta a  stirpare dal cuore dell’uomo la religiosità completamente.     All’estrema destra e all’estrema sinistra voi trovate delle esagerazioni unilaterali: all’estrema destra non si vuol vedere nella religiosità che l’elemento divino, dimenticandone e sopprimendone violentemente le determinazioni concrete umane – e all’estrema sinistra ci si ostina  a guardare la realtà la superficie umana dimenticando ispirazione, la vocazione divina.   Uomini del centro, perché liberi e sereni, noi in nome dell’umano e del divino che nella religiosità si fondano, questo elevandolo, quello deperimendolo, chiediamo l’educazione del sentimento religioso.  Una educazione la cui formula potrebbe essere questa: per ogni elevazione spirituale,  contro ogni degenerazione materialistica.

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Le malattie [32] della religiosità da cui l’educazione  sola può ed essa, potendo, deve premunire il fanciullo sono due [33]:   la superstizione  e il  fanatismo.     La religiosità ha la sua radice psichica nella conoscenza e la sua esplicazione nel sentimento e nella volontà.   Orbene  la superstizione è la  malattia   conoscitiva [34]  e il fanatismo la malattia   sentimentale [35] della religiosità umana.     La superstizione [36] è il sostituirsi di un idolo alla divinità nell’umano pensiero.   L’idolo è la creatura, l’umano divinizzato: può divenir idolo persino il nostro pensiero quando noi lo immaginiamo perfetto e definitivo per sempre.

Il pericolo di idolatria è perenne nell’umano intelletto, vuoi per la sua piccineria, vuoi per la pigrizia.   Piccolo, l’intelletto umano tende a circoscrivere Dio nelle sue categorie, invece di allargare sé medesimo e le categorie sue verso l’infinito – pigro tende ad adagiarsi in una idea   religiosa, invece di sentire il bisogno di migliorarla sempre.   È l’umile convinzione della insufficienza d’ogni nostro sistema intellettuale presente verso la  Realtà Infinita, è il desiderio illuminato di migliorie assidue, che bisogna inoculare nell’animo del fanciullo – vero vaccino spirituale contro la superstizione.   La quale del resto tende a penetrare nel suo animo per tante vie, data la ignoranza che affligge in materia religiosa le nostre famiglie, quelle non escluse che sono più ricche e più culte… nel resto.   Noi abbiamo ancora un popolo che chiede ai Santi i numeri del lotto, come se il cielo potersi farsi complice della cupidigia umana, di quell’appello inerte e disperato al caso che è per sé medesimo il giuoco!

Che se la superstizione[37] è in fondo il pensiero umano messo al posto della idea veramente divina, il fanatismo è alla sua volta il sentimento umano al posto della ispirazione divina     Una religiosità forte e robusta è sana se nutre di se medesima e anima del vigoroso suo soffio tutti gli altri sentimenti.       È  la religiosità di Cristo tutta nutrita d’amore per il Padre, di vivace desiderio del suo Regno e della sua gloria.     Ma per  i Farisei la religiosità è un pretesto, quasi una maschera di umane passioni, passioni cupide di dominio, passioni ambiziose di gloria nazionale.   Questi sentimenti vivi essi ed essi soli veramente danno una vitalità [38] effimera ed apparente ad una religiosità con essi   identificata.     E il loro non è più zelo, il loro è fanatismo religioso.    Pericolo eterno, tendenza indistruttibile questa di confondere i divini con gli umani affetti e questi con quelli!   Di secolo in secolo voi trovate uomini religiosi per politica, religiosi per interesse, religiosi per calcolo, e cioè non religiosi veramente ma, politici ma, ma politici, ma interessati, ma calcolatori.   Contro siffatta [39] invasione dell’umano sentimento nel divino, bisogna questo rafforzare educandolo per guisa e per forma che abbia una vita sua propria e questa a tutto l’uomo espanda e comunichi … rendendolo come per Francesco d’Assisi pieno d’ardore buono, ma in questi molteplici ardori tutti serafico.

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Per questa opera di educazione propizia ad ogni incremento di religiosità sana [40] sincera nell’uomo, contraria ad ogni morbosa degenerazione, non occorre inventar nulla noi di nuovo e di nostro.   Come nessuno si mette in capo di inventar lui una sua aritmetica, o una sua arte, sarà bene non mettersi in capo di inventare noi una religione da  insegnare  per conto nostro  ai fanciulli.   La risposta buona ai postulati intimi della  religiosità umana c’è storicamente parlando bella e  pronta nel Cristianesimo.   La sua migliore e più convincente apologia consiste appunto qui,   che l’anima religiosa trova nel Cristianesimo il suo primo e  legittimo appagamento – nel   Cristianesimo   che col suo Dio trascendente ha tagliato corto a tutte le superstizioni del pensiero, col suo culto di Dio in spirito e verità ha condannato tutte le superstizioni  d’un culto inclemente o prevalentemente formale, e col suo cercate il regno di Dio e la sua giustizia, lasciando che il resto venga di per sé, ha reciso per sempre parassitismi fanatici.   E il Cristianesimo ha questo vantaggio che mentre colla sua dottrina chiude l’adito alle bizzarrie individualistiche,  lascia aperta la porta alle individualità sane.   Il Vangelo che è stato la grande pedagogia religiosa della umanità,   raccogliendosi in esso  i   secoli della ispirazione anteriore profetica, dipartendosi da esso il lungo lavoro del pensiero cristiano, il Vangelo è ancora il gran libro per la formazione religiosa dei nostri fanciulli.     Il che  vi   parrà   una conclusione ben poco nuova – signori miei –   amaro disinganno a chi forse s’illudeva di sentire oggi un nuovo verbo da  me.     Ma, signori, non era colpa di Pascal se prima di  lui Euclide aveva trovato la geometria, ch’egli doveva perciò solo umilmente assimilarsi –   e non è colpa mia se prima di me il Cristo ci ha dato nel Vangelo la religione di cui l’umanità non farà più a meno, la religione di cui gli uomini vivranno e che vivrà essa medesima nel cuor degli uomini immortale.   Pure, o signori, la speranza di non aver fatto opera del tutto inutile anche dopo aver raggiunto una conclusione che sembra molto antica m’arride.

Chi dalla pingue ed afosa pianura Lombarda può col vapore gittarsi nell’alta e fresca aria della Svizzera tedesca – ed   auguro a  tutti voi presto una simile fortuna –   sale per le pendici del Gottardo attraverso ad opere mirabili d’ingegneria.   E salendo gli  accade un fenomeno strano, di trovarsi cioè all’uscire da un lungo tunnel davanti allo stesso panorama e quindi in apparenza allo stesso punto dov’era prima d’entrarvi.   E il punto è davvero lo stesso, ma senza accorgersene egli è salito più in alto, e più dall’alto lo stesso panorama domina e signoreggia.   Io mi auguro che oggi sia accaduto lo stesso anche a noi… di trovarci sì allo stesso punto di vista che è da secoli il punto di vista dell’umanità civile, che fu il   nostro della prima infanzia, trovarci allo stesso punto ma… un poco più in alto.

Note:

[1] A margine del testo: 1) Valli.

[2] A margine del testo: metodo.

[3] A margine del testo: a) meriti.

[4] A margine del testo: b).

[5] A margine del testo: i difetti .

[6] A margine del testo: 2) G. Tyrrell

[7] Sotto, cancellato: ottimo

[8] A margine del testo: 3) Klein

[9] A margine del testo: 4) W. James

[10] A margine del testo: Caratteri comuni ai 4 autori.

[11] A margine del testo:   a)   non   positivismo   settario,   ma   buona positività.

 

 (torna a pag. 2)                                                                                                          (continua a pag. 4)

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