Una parola da buoni fratelli su un interesse comune (1890)

Una parola da buoni fratelli

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 Archivio Barnabitico di Roma
Manoscritto n. 68 

A. Il Testo:     B. Per approfondire:     C. Letture consigliate:

A. Il Testo (segue):

Il Cielo mi tolga dal negare la efficacia di questi mezzi: ma la loro efficacia non toglie che non possa avere la sua efficacia e anche più diretta e più vasta la partecipazione alla vita pubblica.   Come negare infatti che con tale partecipazione e giungendo anche solo ad una minoranza si potrebbero impedire delle leggi malvagie? E una legge malvagia di meno non è altrettanto Spirito Cristiano di più lasciato o diffuso nella nazione?   Ma osservi la Voce che i mezzi da lei proposti sono un po’ vaporosi.   Il giovane le domanda: Che cosa debbo fare? ed essa risponde: Allargate la vostra attività … grazie mille: val quanto dire: lavorate. Ma in che e dove?   Eccoli, soggiunge la Voce, i campi aperti: la scuola, le associazioni operaie, la buona stampa.

Ebbene io farò osservare qual languore venga a queste opere dall’astensione, qual pericolo loro sovrasti, qual vigoria e tutela potrebbero trovare nella partecipazione alla vita pubblica.   La scuola, la Voce non l’ignora, è divenuta il monopolio dello Stato.   Di fronte alle scuole governative, la scuola cattolica è una vera goccia in un mare.   Spesso bisogna dirlo, noi cattolici ci culliamo in beate illusioni: le illusioni sono fatali, vorrei dissiparle per quanto il mio linguaggio riesca doloroso a me e possa spiacere ad altri.   Facciamo un poco di studio analitico qui in Roma, che è pure fra tutte le città quella che grazie alle munificenze del Papa, è meglio fornita di buone scuole.   Cominciamo dall’università, università cattoliche non ce ne sono. Dunque tutto quel nucleo di giovani che esce dai Collegi e dalle scuole cattoliche va a finire in bocca al governo. E vanno a finire lì, quando la loro educazione morale e religiosa è appena abbozzata.

Dopo le università vengono i Licei pel corso classico e l’Istituto pel corso tecnico.   Ebbene di Istituti cattolici Roma è l’unica città che ne abbia uno: e quest’uno quanto è frequentato? Conosco varii giovani buoni, ottimi, cattolici che l’hanno abbandonato perché non c’è la vita scientifica necessaria.   Di Licei ne abbiamo tre governativi e tre cattolici: ma quanto al numero possiamo noi far paragone! La Voce sa meglio di me che cosa succede nelle nostre povere scuole cattoliche: a partire dalla 1a ginnasiale salendo verso la 3a liceale, il numero degli allievi si va sempre più assottigliando: in 1a ginnasiale giungono in varii istituti ai 40 ai 50: quando siamo in 3a Liceale sono sei, sette, dieci; ben raro che tocchino il venti. Questo a Roma: ma fuori di qui ci sono città anche di prim’ordine che mancano assolutamente di Licei cattolici.   A Roma i Licei cattolici, grazie all’appoggio del Papa, stanno a livello dei pubblici, ma altrove l’ho visto coi miei occhi, sono inferiori. Ma o superiori o inferiori, la Voce sa qual’è il tarlo che rode, la malattia che decima le nostre scuole. È la superiorità legale delle scuole governative: sono i privilegi di diritto e di fatto che loro si accordano: i soprusi che si adoperano contro i privatisti. E chi è là per ristabilire un po’ di uguaglianza? chi è almeno per controllare che le disuguaglianze non eccedano per capriccio privato i limiti della legge pubblica?   Ed intanto quale spirito domina queste scuole superiori, dove cresce e dove va almeno a finir di crescere tutta la gioventù colta d’Italia? quella gioventù che dovrà un giorno seder nei consigli della nazione, amministrar la giustizia, condurre gli eserciti, insegnar dalle cattedre, attendere ai grandi lavori, alle grandi officine? quale spirito? oh mi risparmi la Voce il dolore di ricordarlo.   Ed ora, e, astenendoci, anche in seguito, che cosa potremo noi fare per rinforzare di fronte al governativo l’insegnamento cattolico, e per rendere lo stesso insegnamento governativo meno empio?   Partecipando invece alla vita pubblica, potremmo far in proposito qualche cosa, come la Voce stessa ammette e come, ad ogni buon conto, l’esempio della Germania chiaramente dimostra. Ora, da buoni fratelli, diciamoci schiettamente: Anche non potendo di punto in bianco risolvere la Quistione Romana non è già un gran bene l’allevarci una generazione meno perversa? anzi questo stesso non è forse un avviamento alla soluzione della stessa quistione, che tanto preoccupa la Voce da farle dimenticare tutto il resto?

Quel che ho detto della scuola, dovrei e potrei ad un dipresso ripeterlo delle associazioni e della stampa.

Dico che la Voce lo concede e perché non sembri ch’io affermi gratuitamente ecco le sue parole:” I nostri contraddittori (che sono coloro che vorrebbero, col beneplacito del Santo Padre, entrar nella vita pubblica) rispondono: Il nostro gruppo potrebbe ottenere, per ragione di contrasto e di combinazioni parlamentari, di migliorare le condizioni della Chiesa in Italia, impedendo che tante leggi ostili alla religione si promulghino, o si eseguiscano spietatamente, e almeno che non se ne facciano delle peggiori e più esiziali.”    Ora che cosa risponde la Voce? Non nega (lo si noti bene) non nega tutto questo, ma s’appaga di soggiungere “questo non essere il nodo della quistione.   Si tratta di ben altro “, cioè della Quistione Romana. Quasiché anche non potendo giungere a tutto, non sia già un bene ottenere qualche cosa e quasiché un qualche cosa non sia già un principio del tutto.   Ma ciò che fa al mio proposito è che la Voce stessa non nega la possibilità di ottenere (partecipando) in via legale qualche miglioramento, o almeno impedire qualche peggioramento morale dell’Italia cattolica. Delle associazioni non dirò nulla per non entrare in un mare magnum, della stampa cattolica una parola.   Per la stampa cattolica s’intende specialmente il giornalismo.   Or bene, parlerò anche qui francamente, il giornalismo cattolico, di molto superiore al liberale per bontà dei principii, gli cede e non poco per prontezza ed abbondanza di notizie, per corrispondenze, per celerità di diffusione. Onde ne viene che qualche giornale liberale, o addirittura libertino, conti più lettori esso solo che e non più e forse tutti i giornali cattolici insieme.   Qui si tratta di fatti e l’esser questi dolorosi, umilianti non mi sembra buona ragione per illudervici.   Chi è uscito fuori di Ponte molle, girando per tutte le stazioni d’Italia non avrà forse una sola volta udito annunciare i giornali, neppure i locali non che i lontani . A me è riuscito, nel non piccolo girar che ho fatto, è riuscito una volta sola di sentire ad Albenga vociare il Cittadino di Genova.   Invece per tutta l’Alta Italia si trovano giornali liberali della Media e della Bassa: Tribuna, Riforma, Corriere di Napoli etc.. Aggiungasi che dei non molti (almeno relativamente ai giornali liberali) dei non molti lettori dei giornali cattolici la gran parte sono preti, cioè gente persuasa ed arcipersuasa di quei principii che il giornale cattolico inculca.

Questa inferiorità del giornalismo cattolico quotidiano di fronte al liberale deriva da molte cause che non è qui il tempo di ricordare, ma una ve n’è innegabile ed utile al mio proposito ed è la loro meschina compilazione.

Abbiamo qui in Roma due giornali cattolici quotidiani ben redatti: la Voce è uno di questi: le notizie vi sono copiose e pronte.  Ma altri giornali lasciano sotto questo aspetto molto a desiderare.   Uno dei più celebri giornali cattolici dell’Alta Italia, per esempio, ha sempre numerosi e anche brillanti articoli di fondo, ma di fatto di notizie è meschino e sempre in ritardo.   Ora l’uomo di mondo, anche buono, il negoziante, l’ingegnere, lo studente, o dirò meglio, non hanno la pazienza di leggere tanti sproloquii: essi hanno bisogno di notizie pronte, fresche e per averle si rivolgono ai giornali liberali.

Or bene io penso che nuova vita ed interesse acquisterebbe il giornalismo cattolico, mediante la partecipazione alla vita pubblica. Un giornale che fosse il rappresentante di un gruppo politico sarebbe più ricercato non solo nel campo di coloro che favoriscono il gruppo, ma anche nel mondo non piccolo dei curiosi, anche nel campo degli avversarii.   Entrati nella vita pubblica avrebbero anche i Cattolici la loro parola interessante sulle quistioni del giorno: le quistioni economiche, politiche, industriali etc.; avrebbero anch’essi delle speciali informazioni, per le quali bisognerebbe assolutamente ricorrere ad essi.

Come sei lungo e noioso! mi par di sentire all’orecchio, torna a bomba, rimettiti in careggiata. Mi ci rimetto subito perché non ne sono uscito.

La Voce (con cui discuto) piantato questo principio che l’ unica cosa da farsi per un partito politico cattolico è risolvere la quistione Romana, soggiungeva: Atqui (Del resto ndr) un partito cattolico che si formasse ora colla partecipazione alla vita pubblica non potrebbe risolvere la quistione in quistione. Ergo (Quindi ndr).   Come ognun vede qui si ragiona in punta di forchetta! Ed io mi sono attaccato a quella minore dicendo che le cose si ponno far subito, e si possono anche cominciare; cominciare non è  ancora fare, ma è un principio del fare e ad ogni modo è meglio del nulla.

Siccome però la Voce vien fuori ed insiste su certi altri mezzi a cui, secondo Lei, i cattolici dovrebbero unicamente attenersi (cioè scuola, associazioni, stampa cattolica) ho creduto opportuno di inserire alla discussione di quello che dirò mio mezzo quella dei suoi e rispetto a questi mi sono fatto lecito di osservare: 1. Questi mezzi certo sono tutti buoni, santi, ma rispetto alla quistione Romana non sono più direttamente efficaci di quel che lo possa essere la partecipazione alla vita politica, anche nell’ipotesi più sfavorevole che essa debba perpetuamente restringersi a procurare solo per via di leggi, il bene morale e religioso del popolo italiano. 2. Anzi questi mezzi (che sono la vera panacea della Voce) sono oggi debolucci e accennano (almeno la scuola che è il principale), accennano a divenirlo sempre più: la partecipazione alla vita pubblica servirebbe almeno a corroborarli.

Dai mezzi della Voce venendo al mio ho cercato alla meglio di inculcare:  1. che esso potrebbe almeno giovare a procurar un miglioramento o impedire un peggioramento morale della nazione. Or questo è già di per sé un bene, quand’anche non giovasse come mezzo a quell’altro bene che è la soluzione della quistione romana. 2. Di fatto però esso è un primo avviamento alla soluzione della quistione Romana, almeno tanto quanto lo sono i mezzi proposti dalla Voce, i quali sono anch’essi indiretti.

Ma tutto ciò riuscirà, lo spero, anche più chiaro quando in un’altra lettera (che vorrei sperare riuscisse più breve e meno noiosa della presente) esporrò, piacendo a Dio e a Lei, Egregio Direttore, 1°. Che una tal partecipazione, dai tetti in giù, sembra il miglior avviamento pratico alla soluzione nella quistione Romana. 2°. Che i timori della B. Per approfondire:

– G. Semeria “La questione sociale e la Chiesa” in “La Rivista Internazionale di scienze sociali”, Roma, agosto 1893, pagg. 554-578;

– G. Semeria “Dalla conferenza «Giovani cattolici e cattolici giovani»” in “Strenna del Circolo S. Alessandro di Genova” a. 1897, pagg. 103 e segg.;

– G. Semeria “Azione cattolica sostanza vecchia in forma nuova”, Conferenza tenuta nella Chiesa di S. Carlo ai Catinari di Roma, pubblicata, in sunto, su  “La Cultura Sociale”, 6.12.1898, pag. 384;

– G. Semeria “L’eredità del secolo“, Pustet, Roma 1900, pag. 9;

– G. Semeria “Democrazia cristiana e socialismo” in “Il Risveglio Cattolico” di Mondovì, a. IV, n. 53 del 3.07.1901;

– G. Semeria ““Idealità buone: Per la scienza – Per la patria – Per il secolo – Per le donne – Per i giovani – Per gli operai – Per la musica – Per i monti – Per la ginnastica – Per le feste”,  Federico Pustet, Roma 1904, pag. 27;

– G. Semeria “lettere pellegrine”, Soc. Ed. Vita e Pensiero, Milano 1919;

– G. Semeria ”   “Gioventù cattolica e partiti politici ” in “Conquista popolare” , 3.10.1922;

– G. Semeria “Politica in diciottesimo” in “Vita Nostra”, Firenze, a. I, n. 2 (febbraio 1921), pagg. 54-56; a. II, n. 1 (gennaio 1922), pagg. 2 e segg.; a. III, n. 1 (gennaio 1923), pagg. 106 e segg.; a. III, n. 1 (gennaio 1922), pagg. 79 e segg., pagg. 101 e segg., pagg. 106 e segg., pagg. 140 e segg., pagg. 207 e segg.;

– G. Semeria *Liberalismo socialismo comunismo e Democrazia cristiana”, La Diana Scolastica, Bologna 1948;

– P. Scoppola “Coscienza religiosa e democrazia nell’Italia contemporanea”, Il Mulino, 1966, pag. 321;

– C. Argenta “Un maestro di impegno civile per i cattolici di ieri e di oggi” in “L’Avvenire d’Italia” Bologna 15.12.1967;

– G. Semeria “I miei quattro Papi (Benedetto XV)” vol. II, scuola Tip. Orfanotrofio Maschile, Amatrice 1931, pag. 148;

– F. Sala “Padre Semeria Barnabita”, L.I.C.E., Torino 1941, pag. 181;

– G. Mesolella “P. Giovanni Semeria tra scienza e fede”, Ed. Dehoniane, Roma 1988, pagg. 177-180;

– G. Semeria “Le tre coscienze, loro genesi e loro natura” in appendice a: G. Mesolella “P. Giovanni Semeria tra scienza e fede”, op. cit., pag. 261;

– G. Semeria “Lettere ai giovani cristiani” (a cura del gruppo editoriale Zaccaria), La Voce, Milano 1990;

– G. Mesolella “P. Giovanni Semeria e l’educazione alla responsabilità” in “Evangelizare”, a. IV, n.1/2, gen./feb. 1999, pagg. 4-5;  n.3/4, mar./apr. 1999, pagg. 11-12;  n.5/6, mag./giu. 1999, pagg. 4-5;  n.9/10, set./ott. 1999, pagg. 6-7;  n.11/12, nov./dic. 1999, pagg. 4-5;

– A.M. Gentili “P. Giovanni Semeria nel 75° della morte” in “Barnabiti Studi”, n. 23 (2006), pagg. 329-377;

– D. Veneruso “P. Giovanni Semeria e la democrazia”  in  ”A 75 anni dalla morte del Servo di Dio P. Giovanni Semeria”, “Barnabiti Studi”, n. 25 (2008)., pagg. 265-276;

– G. Mesolella “P. Giovanni Semeria e la questione meridionale” in  ”A 75 anni dalla morte del Servo di Dio P. Giovanni Semeria”, “Barnabiti Studi”, n. 25 (2008), pagg. 315-350;

– G. Mesolella “Padre Semeria. L’impegno dei cattolici nella società e nella Chiesa” in “Evangelizare”, a. XXI, numero speciale (luglio-agosto 2014), pagg. 6-34

(continua a pag. 2)

[Ultimo aggiornamento: 19.03.2018, alle ore 21:05]

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