Le condizioni dell’istruzione religiosa in Italia

Le condizioni dell'istruzione religiosa in Italia

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 Archivio Barnabitico di Roma
Manoscritto n. 155 

 

A. Il Testo:     B. Per approfondire:     C. Letture consigliate:

 

A. Il Testo (continua):

     Le cose a tal punto che qualche volta vien fatto di domandarsi se invece di mantenerlo così rachitico l’insegnamento religioso non varrebbe meglio addirittura sopprimerlo – come dinnanzi a quello che l’ergastolo è nel nuovo codice penale ci si domanda talvolta se non sarebbe più umano tornare alla pena di morte.     Io non invoco oh no questa soppressione che sarebbe nuova ed enorme ingiustizia ma non bisogna neanche nascondersi l’impressione che devono dal nostro sistema riportare i nostri fanciulli, quelli almeno che dotati d’ingegno più desto sono meglio al caso di riflettere.     Vedendo come la religione è trattata nelle scuole elementari ne debbono concludere che è in fondo, una materia molto secondaria – e prevedendo che sulla soglia del Ginnasio, la Scuola Superiore, la Scuola classica, ne cessa l’insegnamento debbono concludere che la religione è sintomo ed emblema di inferiorità intellettuale.     Gli antichi per dare coscienza della sua virilità al fanciullo gli mettevano la toga virile; noi gli togliamo la religione. La nostra toga virile è l’irreligiosità.

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     Perché mai e come, mie buone signore, i nostri uomini di Stato, non piccoli certo tutti né cattivi, hanno potuto darci un sistema così falso e così guasto? perché hanno portato nella nostra educazione nazionale un rivolgimento così profondo? perché l’hanno rotta così intieramente con tutto il nostro passato?     Io credo li abbiano sedotti un’idea di progresso civile, un proposito di sociale difesa – falsa l’una e assurdo l’altro.

     Non si può dire che l’Italia, costituita a nazione, non abbia voluto camminare.     Temo anzi che si sia voluto camminare troppo in fretta.     È capitato a noi come a quei fanciulli che usciti innanzi tempo di tutela, invece di modificare ed elevare a poco a poco le loro abitudini, affrontano d’un tratto pose e movenze virili.     Non vi pare che anche noi si sia voluto fare un poco i grandi? senza esserlo? o certo senza esserlo quanto lo facevamo?     Abbiamo, nientemeno abolita la pena di morte che nazioni più adulte, più progredite di noi conservano tuttora gelosamente.     E ad una idea di progresso abbiamo certo creduto di conformarci come abolendo la pena di morte nel codice, così sopprimendo il Catechismo nella Scuola.    Non è la religione cosa da fanciulli? non è dunque un fare, nazionalmente, gli uomini il dispensarsene?     In realtà, o signore, nonché  progredire noi ci siamo messi con quell’abolizione in contrasto colle nazioni oggi davvero più civili più colte; e invece di fare come credevamo da noi, abbiamo imitato quella nazione di cui qualche volta ci fingiamo nemici, ma di cui siamo sovente servitori umilissimi: la Francia.

     È triste doverlo confessare ma bisogna confessarlo perché è così e perché solo riconoscendo prima la nostra inferiorità ce ne potremo in appresso redimere: non sono le nazioni latine quelle che camminano oggi alla testa della umana civiltà.     In quello stordimento che danno al cervello l’orgoglio nazionale male inteso, le grandi e se occorre esagerate memorie antiche, la supina ignoranza delle cose estere, alcuni di noi possono ancora credersi il primo popolo del mondo… benché, ad onor del vero, noi soffriamo di questi umori superbi assai meno dei nostri fratelli latini.     La realtà, la dolorosa realtà, ma innegabile per chi segue d’occhio attento il nostro movimento scientifico contemporaneo, per chi guarda lo svolgersi dei grandi fatti politici, per chi visita un poco il mondo, si è che le grandi direzioni sociali appartengono oggi alla razza germanica, comprendendo sotto questo nome con la Germania propriamente detta quella Inghilterra che è per lo meno altrettanto Germanica quanto i Francesi sono Latini.     È quella razza che dà l’intonazione al pensiero scientifico moderno, è essa che guida la politica, essa che fa passi da gigante nell’industria e stringe in pugno i tre quarti del commercio nel mondo.     Quando si torna da un viaggio in quei paesi, come io torno, pur amando intensamente il proprio, com’io sento d’amarlo, non si può esimersi da un senso d’ammirazione e d’invidia – non si può, pur riconoscendo parecchie cose di cui essi mancano, non desiderare a noi molte di quelle che essi posseggono.     Ad ogni modo lasciando pure in disparte ogni odioso, umiliante confronto non si potrebbe negare che Germania ed Inghilterra siano nazioni adulte, progredite, civili.     Ma esse non si sono date il lusso di questa irreligione che noi affettiamo nella nostra vita pubblica, salvo a custodirne forse nell’animo il sentimento e a volerne santificato di religione il domestico nido.     No, no: in Inghilterra e in Germania la religione fa parte dell’insegnamento ufficiale, pubblico delle Università dove fioriscono ancora le Facoltà teologiche… e non Protestanti solo ma e Cattoliche… fino alle umili Volkschulen,      Ultimamente si è parlato di impegni e caldissimi dell’Imperatore di Germania presso la S. Sede per avere una Facoltà teologica cattolica a Strasburgo.     Tanto a quell’uomo geniale e forte la religione sembra importante elemento della vita del suo popolo!

     Chi ci ha preceduto in questa via dell’ateismo ufficiale è la Francia – o diciamo piuttosto per non offendere ingiustamente una nazione malgrado i suoi innegabili difetti generosa e grande, la Francia giacobina.     Le tradizioni di quel partito che fan già tanto male nei giorni luttuosi della Rivoluzione perdurano tristemente operose: lo spirito è sopravvissuto alla morte del corpo.   Dopo gli studi sottili e profondi d’Ippolito Taine sulla Rivoluzione Francese e sui vari partiti che ne alimentarono il fuoco, non è difficile formarsi dello spirito giacobino un preciso concetto.   Storicamente il Giacobinismo è la eredità di Gian Giacomo Rousseau il famoso padre della pedagogia moderna e l’uomo che ha certo con la sua dottrina potentemente influito sull’indirizzo che l’educazione ha preso in Francia prima e poi in Italia in questi ultimi tempi.   La formola educatrice di Rousseau per quel che concerne la religione fu: rispettate la libertà del fanciullo e non preoccupatene col vostro insegnamento la coscienza.   Questa da sé, adulto che sia, gli detterà quel che debba fare – se e quale religione gli convenga abbracciar.

   L’educazione religiosa, con le forme confessionali che necessariamente assume è un insulto alla libertà di coscienza.   Formola di cui è facile indovinare il magico effetto in un momento storico in cui la umanità, forse per la gran privazione che a lungo ne aveva sofferto, era addirittura fanatica per la libertà: una formola di una ingenuità degna … di G. Giacomo Rousseau e di una superficialità degna del secolo XVIII.   Perché ditemi, signore: non insegniamo noi ai fanciulli l’aritmetica e la fisica… e la storia, dove sono pure tante cose discutibilissime, dove sono implicati tanti fondamentali concetti? e con ciò non preoccupiamo forse noi lo sviluppo personale, libero della sua intelligenza? ma chi crede mai che con questo del fanciullo sieno lesi i diritti?   sia quasi guasta e sformata la personalità?  tanto varrebbe dire che si sformi con la rotaia il libero moto della macchina.   E allora perché si considererà come oltraggiosa alle libertà del fanciullo l’educazione religiosa?   La quale non consiste no nell’imporgli per forza nulla, ma nel proporgli una serie di verità all’intelletto e insinuargli tutto un mondo d’affetti nel cuore.    A voler essere logici, a voler spingere questa formola della libertà alla sua ultima conseguenza lo si dovrebbe il fanciullo lasciar vegetare nella più supina ignoranza e nel più completo disordine di sentimenti.   È proprio il caso del propter vitam vivendi perdere causam –  il caso analogo a quello d’un uomo che per non affaticare lo stomaco (cosa giustissima) non mangiasse più (cosa che gli risparmierebbe anche la fatica di vivere).   Per essere liberi crescere idioti! per rimaner uomini (giacché nel concetto di Rousseau la libertà è il suggello più alto della personalità umana) diventare delle bestie.   E del resto quella neutralità che in nome della libertà s’invoca intorno al fanciullo è una impossibilità pratica.   Il silenzio ha in questo caso la sua eloquenza.   Non pronunciarsi sul problema religioso è come voler fuggire l’ombra mentre si cammina al sole.   Chi tace acconsente, diceva un vecchio proverbio: chi tace di Dio lo nega.   L’educazione areligiosa, neutra del fanciullo diviene di fatto una educazione irreligiosa.

   Che se individualmente considerata la formola Giacobina riesce un assurdo, è applicata socialmente un’ironia.   Giacché la legge, sopprimendo l’insegnamento religioso, si è prefissa di rispettare la libertà dei cittadini, quasi d’interpretarne il sentimento.   Non ha voluto al popolo imporre questo peso questo sasso spirituale.   Ma con questo ha preso un madornale equivoco.   Perché ha immaginato il legislatore d’aver a che fare in Francia e in Italia con un popolo irreligioso, ateo, mentre in Francia e ancor più in Italia aveva ed ha a che fare con un popolo di credenti.   A questo popolo non violenza sarebbe stato il concedere, ma far violenza strappare l’insegnamento religioso.   La legge detta di libertà si risolve in un fenomeno d’imposizione. Quante volte questo popolo fu chiamata a dare il suo parere si è dichiarato non contro, ma per l’educazione religiosa dei suoi figli.   Persino a Milano, la capitale la vecchia capitale morale d’Italia, l’attuale rocca del nostro socialismo, di questi giorni l’85% dei padri di famiglia malgrado che il vento dall’alto soffiasse tutt’altro che propizio ha chiesto il mantenimento del Catechismo nelle Scuole.

   Il Giacobinismo si rivela così anche questa volta nel(la) sua vera natura ingenuamente autoritaristica, liberalmente tirannica; il sistema che adora la libertà e la impone per forza.

   Insieme con l’idea del progresso agì, vi dicevo, sui nostri uomini di Stato per indurli ad eliminare l’elemento religioso dalla nostra educazione pubblica un proposito di difesa nazionale.   Trent’anni fa in Italia come in Francia (al solito) si diceva volentieri e in parte forse si pensava: “Le cléricalisme voilà l’annemiLa religion voilà le cléricalisme.”   Dietro la tonaca del prete e del frate si vedeva spuntare senz’altro il gendarme della reazione politica e sociale.    Il catechismo puzzava di monarchico in Francia, di borbonico o di austriacante in Italia.     Trent’anni fa… non grande aevi spatium per sé, ma grande in questi nostri tempi nati fatti per precipitare tutti i movimenti.

     Oggi gli uomini di Stato, quelli almeno che non hanno le lenti cromatiche della passione settaria, sanno che il nemico è da un’altra, da ben altra parte.     Il pericolo non sarebbe da un’Italia molto cristiana, il pericolo viene da un’Italia troppo irreligiosa.     Il nemico non è il Cattolicesimo, il nemico è il Socialismo.     Il tempo che è galantuomo col far nascere dalle paure nuove ha mostrato la vanità dei timori antichi.

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