L’ applicazione del metodo storico al Vangelo veniva considerata – dalla rivista dei Gesuiti – semplicemente “ingenua”35, le analisi del dogma pericolose e “razionaliste”36.
Sulla scia di queste contestazioni qualcuno credette, persino, di vedere nelle sue analisi critiche sulla Trinità e l’Incarnazione – oltre che sul primato del vescovo di Roma – un pericoloso tentativo di “refutare scholasticam definitionem veritatis” a favore di una verità che – nella ribellione37 – tentasse di mischiare maldestramente Darwin e Platone, Spencer e S. Agostino38.
Si tentò di convincerlo vincolandolo all’ubbidienza verso i superiori39, spostandolo a Genova40 ma ci fu anche chi gli si avvicinò promettendogli una cattedra universitaria41. La risposta non si fece attendere. “Fedeltà!”
[pullquote]Ho coscienza d’aver predicato Gesù Cristo, come San Paolo l’ha insegnato…[/pullquote]
Presto una bufera lo travolse e – mentre lui scriveva “ho coscienza d’aver predicato Gesù Cristo, come San Paolo ai predicatori di tutti i tempi l’ha insegnato e prescritto”42 – non mancò chi arrivò a considerarlo, il capo di quella corrente modernista che era vista da Pio X – nel suo tentativo di “instaurare omnia in Christo” – non solo come una semplice eresia ma come “il compendio e il veleno di tutte le eresie; una corrente che tendesse – a scalzare i fondamenti (stessi) della fede e ad annientare il Cristianesimo”43.
L’esilio a Bruxelles, dove arrivò il 29 settembre del 191244 , e la vita di trincea45 – durante la prima guerra mondiale – fecero il resto portandolo ad una crisi depressiva che ne minò, seriamente, le condizioni di salute46.
Oggi, sulla scorta di una riflessione più serena e di un’analisi più attenta dei documenti la critica storica va sempre più confermando che, fedele alla sua vocazione cristiana, il Semeria abbia, piuttosto, dimostrato verso la Chiesa “una fede sincera, un’intensa spiritualità, una vera lealtà”47.
Esprimendo, all’interno del giovane pensiero cristiano, una riflessione ortodossa, cattolica, e romana, il Semeria avrebbe, infatti realizzato – secondo molti storici48 ed alti rappresentanti della gerarchia ecclesiastica49 – una generosa testimonianza di fedeltà ecclesiale50 a cui superficialità ed ignoranza51 opposero, talora, un ostile atteggiamento che non mancò di protrarsi fino alla calunnia52, mostrando a quali danni può condurre, e a quali aberrazioni, uno zelo senza verità e carità; uno zelo che troppo spesso ”non parlò secundum scientiam, e molto meno secondo verità, giustizia e carità”53.
[pullquote]Si serve resistendo ad una iniquità, soffrendo con dignitosa pazienza…[/pullquote]
“Si serve resistendo ad una iniquità – aveva scritto dall’esilio di Bruxelles alle signore dell’Unione del Bene, a Genova, nel 1912 – rifiutando il concorso ad un’ingiustizia … In tanti modi si serve, anche soffrendo con dignitosa pazienza.”54
E la consapevolezza che questa sofferenza potesse servire alla Chiesa55 lo vincolava, ancor più saldamente alla sua scelta cattolica, alla sua scelta paolina.
“Rimanere nella Chiesa a tutti i costi era, per Semeria, ciò che contava al di sopra di tutto”56, scrive il Penco, perché, come ricorda il Toffanin – grande amico del Padre – ”non essendo il Cristianesimo se non carità e non essendo la carità se non un mistero fra Dio e il mondo, la conservazione dei suoi valori non poteva restare affidata se non a cosa trascendente il mondo, vale a dire la Chiesa”57.
———–
36. “I nostri quattro Vangeli. Studio apologetico: Il Vangelo di S. Matteo” in “Civiltà Cattolica” a LVI (1905) vol. III fasc. 1324 (9 agosto), pagg. 422-423 “I nostri quattro Vangeli. Studio apologetico: Il Vangelo di S. Matteo” in “Civiltà Cattolica” a LVII (1906) vol. III fasc. 1346 (11-13 luglio), pagg. 195. Silvio Tramontin (“Un secolo di Storia della Chiesa. Da Leone XIII al Concilio Vaticano II” vol. I, Edizioni Studium, Roma , pag. 40) ci ricorda, tra l’altro, che la stessa iscrizione del barnabita alla Società cattolica per gli studi scientifici fu non poco ostacolata perché giudicato “ troppo ardito” e “alquanto razionalista”.
37. Riferendosi alle riflessioni fatte dal Semeria sulla Rivoluzione Francese e sui fermenti di libertà apportati dalla stessa “contro il cattivo governo che non tiene conto delle idee, dei sentimenti della collettività”, il Carbone commenta “Sic prae ceteris, legimus apud Semeria inter alias idealitates bonas recensitam illam ribellionem”.( Dott. C. Carbone “De Modernistarum doctrinis” Desclée, Romae 1909, pag. 266)
38. Dott. C. Carbone “De Modernistarum doctrinis”, op. cit., pagg. 123 (per l’analisi del Dogma), 246-248 (per il primato del vescovo di Roma), 135, 201, 207, 210-211 (per la nuova verità).
39. Nel 1937, in ”Le Beatitudini evangeliche” (O.N.M.I. Milano 1931, pag. 207) spiegava: “Fratelli, ci sono, nel Vangelo … principi che molti dimenticano quando si tratta questa delicata materia … C’è innanzi tutto il principio della resistenza passiva anche di fronte ai superiori quando questi, invece di essere, come dovrebbero, i ministri e i difensori della giustizia, divengono ministri della prepotenza. Noi cristiani non dobbiamo né fare il male né aiutarlo; docili sempre all’autorità e alle sue legittime manifestazioni, non dobbiamo mai essere vili.” Il decreto conciliare sulla libertà religiosa, “Dignitatis humanae”, del 7 dicembre 1965, a proposito della libertà di coscienza, ribadirà: ”Gli imperativi della legge divina l’uomo li coglie e li riconosce attraverso la sua coscienza, che è tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attività per raggiungere il suo fine che è Dio.…- quindi – … non si deve impedirgli di agire contro la sua coscienza, soprattutto in campo religioso”.(“Dignitatis humanae”, 3.c)
40. Il Barnabita era perfettamente consapevole del fatto che l’esilio a Genova fosse il frutto di una manovra ordita fuori dall’Ordine, e che i suoi superiori non erano altro che strumenti per indurlo alla “espiazione dei suoi delitti intellettuali” (Lettera al Loisy del 25 dicembre 1895 in: M. Guasco “Alfred Loisy in Italia”, op. cit., pag. 172) nel febbraio – marzo 1896, in una lettera a Gaetano De Sanctis aggiungeva, però, a questa consapevolezza, la sensazione di essere stato spostato lì per curare la sua emicrania “con un sistema di cretinizzazione progressiva.” (S. Accame “Dal carteggio di Gaetano De Sanctis (1892-1919)” in “Rivista di Storia della Chiesa” gennaio-giugno 1972, pag. 12). “Mi sono offerto … per un anno – scrive al P. Generale, il 19 dicembre 1895 – né domando, né domanderò il ritorno: desidero schiettamente di obbedire, e niente altro Riflettendo – però – mi pare che io non sia del tutto al mio posto … la mia vocazione intellettuale è per lo studio … la mia vocazione morale è per il ministero, e per questo mi manca la libertà necesaria. Sono legato dalle 8 del mattino alle 5 della sera come un cane alla catena.”(G. Cagni “Padre Giovanni Semeria fondatore del ‘Vittorino’ di Genova?” in “Barnabiti–Studi, Roma n. 2 (1985), pagg. 162-163) – ed altrove – “Più che nella solitudine mi trovo tra i rumori, con più di 180 allievi… ma spiritualmente solo: non un amico intelligente e studioso con cui discutere di cose di cui valga la pena di essere discusse, non un’ora di tranquillità per attendere metodicamente agli studi sacri.” (in: M. Guasco “Alfred Loisy in Italia” op. cit., pag. 172)
41. D. R. Atzeni d. D. “Profilo di una grande anima. Testimonianze sulla vita del Servo di Dio Padre Giovanni Semeria” O.N.M.I. Roma – Milano 1985, pag.42-43 e Andrea M. Erba “Padre Semeria un gigante dal cuore di fanciullo” LDC, Torino, pag. 26
42. “ …. predicato sotto quell’aspetto e quella forma che oggi è richiesta ma predicato Lui. Questa coscienza mi accompagna e mi assicura” P. Giovanni Semeria “Le vie della Fede”, op. cit. pag. 193. Vedi anche la lettera II [fine 1912] in appendice a: A. Boldorini “Padre Semeria ‘brebis galeuse’” in “Renovatio” Genova a. XXII, n.4 (ott.-dic. 1987) in cui il barnabita sottolinea: “ di questo mio animus (docile alla dottrina della Chiesa) parmi testimonio primo e più eloquente l’aver io sottoposto tutti gli scritti miei non solo al giudizio e alla correzione dei miei Superiori, ma proprio della Curia Romana, nella persona del Maestro dei SS. Palazzi…. Il vivente P. Maestro ne può far fede, non mi rifiutai a nessuna delle correzioni che mi furono o chieste o suggerite”. Ciò che non capiva era l’ atteggiamento assunto dalla censura che sembrava strano. “Da parecchi anni in qua ho pubblicato parecchi articoli – scriveva – anche molto lunghi su Riviste anche importanti, col debito permesso e l’unica precauzione d’un pseudonimo….Debbo dire che quegli articoli numerosi e vari non ebbero mai neppure da una stampa poco tenera per me, il più piccolo appunto.”(pag. 579) Lo stesso padre Gemelli scriverà nel 1931 di aver aperto le pagine dei suoi periodici al Semeria “avuto il consenso di chi lo poteva dare” (A.M. Erba “Padre Semeria nella vita culturale spirituale e sociale d’Italia” op. cit., pag. 5. Aveva scritto in uno dei suoi primi studi (“Il primo sangue cristiano “ op. cit., pag. VIII) “Il libro è qui: mi si legga, senza prevenzioni se è possibile, e lo si giudichi …. dopo avermi letto: cosa che sembrerebbe un dovere …un dovere da parecchi dimenticato e negletto.” E d anche molti dei suoi discepoli ed amici avevano più volte avuto l’impressione che lo si giudicasse in base a letture parziali, o comunque preconcette. Il Federici, ad esempio, in una sua lettera al Loisy del 15 novembre 1908 , dopo aver avvisato l’amico del divieto imposto al Semeria di predicare nella diocesi di Genova, scrive, convinto, “Per parte mia credo che se oggi si presentasse San Paolo a predicare, sarebbe immediatamente sospeso e scomunicato” (in M. Guasco “Alfred Loisy in Italia”, op. cit., pag. 269).
43. Pii X “Acta” vol. IV, pagg. 268-269 cit. in P. G. Del-Gal “Beato Pio X papa” Il Messaggero di S. Antonio, Padova 1951, pag. 370. Lo considerarono capo del Modernismo: E. Poulat in A. Houtin, P. Sartiaux “Alfred Loisy. Sa vie, son ouvres… “ Ed. du Centre National del la Recherche Scientifique, Paris 1961, pag. 402; “Epilogo di una controversia: lettera aperta … a proposito del volume “Scienza e fede” in “Civiltà Cattolica” a. LXXI (1920), vol. IV, fasc. 1689 (28 ottobre), pag. 208; il Fracassini in una lettera al Piastrelli del 21 maggio 1909, cit da P. Scoppola “Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia”, op. cit., pagg. 315-316
44. Sull’esilio del Padre vedi anche: L. Bedeschi “L’esilio di padre Semeria (da uomo di cultura a uomo di azione)” in “Humanitas”, Brescia, fasc. 10, ottobre 1967, pagg. 1035-1061; C. Bellò “Giovanni Semeria: speranze ed esilio” in “L’Italia”, Milano, 27 ottobre 1967..
45. Per un’analisi più approfondita dell’atteggiamento assunto dal Semeria di fronte alla guerra vedi: G. Mesolella “P. Giovanni Semeria tra scienza e fede”, op. cit., pagg. 46-51; R. Morozzo della Rocca “La fede e la guerra. Cappellani militari e preti-soldati (1915-1919) Studium, Roma 1980; gli interventi di D. Veneruso e T. Gallarati Scotti “Idee e orientamenti politici e religiosi al comando supremo: appunti e ricordi” – da lui citati – in “Benedetto XV, i cattolici e la prima guerra mondiale” a cura di G. Rossini, Roma 1963, pagg. 71-73, 509-511; A. N. Gentili “Un cappellano al comando supremo” in “Jesus” dicembre 1988, pagg. 40-42; Vann’antò “Padre Semeria e il Fante” in “Quadrivio” Roma , 2 settembre 1934. Una ripresentazione della messa al campo descritta dal D’Annunzio è anche in: F. Stippelli “Liturgie castrensi al campo” in “Quadrante” Rivista delle Forze Armate Italiane a. XXV, n. 7, luglio 1990, pag. 25. Più critici e, talora, polemici: A. Frescura “Diario di un imboscato” Vicenza 1919, pagg. 480-482; E. Lorenzini “La guerra e i Preti soldati”, Padova 1929, pag. 83; M. Silvestri “Isonzo 1917”, Einaudi 1965, pag. 497 e N. Papafava “Scelta di scritti 1920-1966”, ERI 1976, pag. 9. Un aspetto poco noto dell’impegno di carità assunto dal Semeria durante la guerra , ma che va, secondo noi, senz’altro rivalutato, è quello dell’impegno assunto dal barnabita per evitare che – approfittando del forte clima di confusione – si arrivasse a compiere da parte di alcuni estremisti un vero e proprio colpo di stato. Grimaldi e Bozzetti, citando documenti ufficiali dello Stato Maggiore della Difesa (8/A,C,S., Dir. di P.S.,b, 15, fasc. 417) affermano, infatti, che “esponenti patriottici oltranzisti, nella primavera del ’17, sottopongono a Cadorna in ripetuti incontri un progetto di colpo di stato, che dovrebbe instaurare una dittatura militare … Solo scrupoli di lealtà alla Monarchia e religiosi (l’influenza di Padre Semeria) dissuadono Cadorna e salvano la legalità “(U. A. Grimaldi, G. Bozzetti “Bissolati” Rizzoli, Milano 1983, pag.213). Sullo stesso argomento vedi anche: I. Montanelli (’L’Italia di Giolitti” Rizzoli, Milano 1974, pag. 322) che parla di contatti con i golpisti tenuti da T. Gallarati Scotti.
46. G. Mesolella “Padre G. Semeria tra scienza e fede” , op. cit., pagg. 40-50; M. di Giacomo “La depressione lo portò sull’orlo del suicidio” in “Jesus” dicembre 1988, pagg. 42-43 e, più in particolare sulla malattia che lo portò a tentare il suicidio, A. Bianco “L’”orribile tentazione”di Padre Semeria” in “Barnabiti-Studi” n. 1 (1984) pag. 193 –208. Scriverà il Buonaiuti nel “Pellegrino di Roma” (Laterza, Bari, 1964, pag. 110): “Il trapasso può costare sangue e dolore. Ma solo attraverso il dolore si attua nel mondo la spirituale salvezza.”
47. G. Martina “La Chiesa nell’età dell’assolutismo, del liberalismo, del totalitarismo” vol. IV, Morcelliana, Brescia 1987, pag. 81; A. Zambarbieri “Il caso Semeria” in “Fonti e documenti” Centro Studi per la Storia del Modernismo, Urbino, a. IV (1975), pagg. 92-94; C. Bellò “Modernismo italiano”, op. cit., pag. 79.
48. E. Passerin d’Entréves “Appunti sul riformismo religioso e culturale di Padre Giovanni Semeria” in “Storia Contemporanea” 2, 1971, pagg. 825-842; E. Vercesi “Movimento cattolico in Italia (1870-1922)” La Voce, Firenze 1923, pag. 289; A. Bianco “L’orribile tentazione di Padre Semeria”, op. cit., pag. 193; C. Bellò “Modernismo Italiano”, op. cit., pag. 87; M. Ranchetti “Cultura e riforma religiosa nella storia del modernismo” Einaudi, Torino 1963, pag. 198; L. Allevi “Mezzo secolo di Teologia Dogmatica e Apologetica i Italia (1900-1950)” in “Scuola cattolica” a. LXXX (1952), pag. 367; P. E. Taviani “Il contributo di Padre Semeria all’inserimento dei cattolici nello stato costituzionale” in “Civitas”, luglio-agosto 1987, pag. 59; A. M. Gentili “Semeria G.” in: F. Traniello, G. Campanini “Dizionario Storico del Movimento cattolico in Italia 1860-1980” vol.II “I Protagonisti” Marietti, Casale Monferrato 1982, pagg. 596-602; P. Scoppola “Crisi modernista … “ op. cit., pagg. 91-92; G. Verucci “I cattolici e il liberalismo dalla “Amicizie cristiane” al modernismo” Liviana, Padova 1968, pag. 217. F. Molinaro in “Pio X. Schiacciò il modernismo e favorì la modernità” (“Supplemento a Jesus” n.1, gennaio 1987, pag. 36) parla di “vittima innocente”.
49. Lettera di S. S. Paolo VI a Don Tito Pasquali, Superiore generale de “I Discepoli” dell’1 novembre 1968 in AA. VV. “In memoria di Padre Gioovanni Semeria” Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia, Milano-Roma 1981, pag.12; discorso di S. S. Giovanni Paolo II agli alunni dell’Opera in occasione dell’Anno Santo 1980, cit. in R. Panzone “Premessa” a P. Giovanni Minozzi “Ricordando” op. cit. pag. XXVIII.
50. G. Toffanin “Una generosa testimonianza di fedeltà ecclesiale. La carità e l’obbedienza caratteristiche di Padre Semeria” in “L’Osservatore Romano” a. CXXVI (1986) n.134 del 9-10 giugno, pag.3; A. M. Erba “Padre Semeria. Un gigante dal cuore di fanciullo”, op. cit., pag. 24
51. Card. G. Siri “Prefazione” a A. Durante “Mons Andrea Caron e un periodo critico di storia genovese” Scuola Graf Don Bosco, Genova Sanpierdarena 1966, pag. 6.
52. “”Fede e ragione” e la Civiltà Cattolica intorno a “I fanciulli alla comunione” del P. Semeria” in “Civiltà Cattolica” a. LXXVIII (1927) vol. III, fasc. del 20 agosto, pagg. 324-328. Quest’articolo, riportato anche su “Mater Divinae Providentiae-Mater Orphanorum” di novembre a pag. 306, era una replica della prima difesa in favore del Semeria che la “C.C.” aveva pubblicato nel fascicolo del 2 luglio dello stesso anno alle pagine 63-65, anch’essa ripresa dalla rivista dell’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia nel numero di settembre alle pagg. 266-268 Molto probabilmente quando la “Civiltà Cattolica” parla di calunnie sulla fede intende riferirsi, anche, alle accuse del Mattiussi, del Colletti (A. Gentili “All’origine della progettata “messa all’indice” degli scritti semeriani”: il carteggio Mattiussi-Colletti (1904-1922)” in “Barnabiti – Studi” n.4 (1987), ed in particolare le lettere alle pagine 173 e 175) e alle affermazioni fatte dal Minocchi (riportate in: S. Minocchi “Memorie di un modernista” Vallecchi, Firenze 1974, pag. 95)
53. ““Fede e ragione” e la Civiltà Cattolica intorno a “I fanciulli alla comunione” del P. Semeria” op. cit., pagg. 324-328. Certamente interessante per meglio comprendere il clima di tensione in cui si svolsero queste intricate vicende è il fatto che, dallo studio dei documenti resi, da poco, disponibili agli studiosi dall’Archivio Segreto Vaticano risulta con chiarezza che – come sottolinea il Pagano – “fra coloro che contribuirono a creare il “mito” del terribile Semeria, teologicamente deviato e maestro di false dottrine, figura don Orione, più volte conclamato amico del Barnabita …, anche durante il delicatissimo momento della crisi nervosa dell’esilio” (S. Pagano “Il “Caso Semeria” nei documenti dell’Archivio Segreto Vaticano” in “Barnabiti – Studi” n.6 (1989), pag. 12-13) Il sacerdote piemontese, in una sua lettera al card. Merry del Val, nell’aprile del 1911, denunciava, infatti, come pericolosa l’opportunità che si dessero al barnabita dei giovani da formare. “Ciò sarebbe grave – sottolinea – ed io non glielo nascosi. Sarebbe un male incalcolabile per la Calabria ed anche per Messina , dove si fa già tanta fatica a tenere su il clero, e dove qualche giovane professore di seminario zoppica già in fatto di idee ….. ci mancherebbe ancora P. Semeria!”(S. Pagano “Il “Caso Semeria” nei documenti dell’Archivio Segreto Vaticano”, op. cit., pagg. 42-43). E pensare che qualche anno più tardi un giovane barnabita, P. Sala, in treno, lasciata alle spalle Sanpierdarena, dopo un incontro fortuito con l’anziano sacerdote, ne appunterà orgoglioso le parole di elogio verso il Padre: “Viaggia con Don Orione , e non dice niente? Io ero molto amico di Padre Semeria. Era un santo P. Semeria. Pregatelo! Pregatelo! Era un santo.”(P. Virginio M. Colciago “Padre Felice M. Sala Barnabita” Roma 1987, pag. 57) Sui rapporti tra Semeria e Don Orione vedi anche: D. A. Cesareo “Il Beato don Orione e Padre Semeria” in “Il Piccolo Cottolengo di Don Orione”, Genova, aprile 1981, pagg. 26-30.
54. P. Giovanni Semeria “L’Unione per il Bene. Pagine sulla Carità” L.I.C.E. Torino 1932, pag. 34.
55. Giovanni Semeria “Lettere a Tommaso Gallarati Scotti” (a cura di C. Marcora) op. cit., pag. 126.
56. G.Penco “Storia della Chiesa in Italia nel’età contemporanea (1919-1945)” volume 1, Jaca Book, Milano 1985, pag. 49.
57. Per la citazione vedi: G. Toffanin “Ricordo di padre Semeria nel 1° centenario della nascita”, Padova 1967, pagg. 15-16.
(torna a pagina 4) (vai a pagina 6)