Archivio Barnabitico di Roma
Manoscritto n. 72
A. Il Testo: B. Per approfondire: C. Letture consigliate:
A. Il Testo:
Ci siamo oggi lungamente intrattenuti, io e due amici che seguono da anni attentamente e sur placeil moto austriaco, sulla genesi e la importanza del partito cristiano-sociale, nonché sulle attinenze tra l’Austria e l’Italia. Credo utile riferire la conversazione nella sua schiettezza. Chi si ferma poco in un paese non può controllare quanto gli viene riferito: ma la verità ha una sua verosimiglianza fortunatamente!
Bisogna per intendere la genesi e spiegare la fortuna relativamente rapida del partito cristiano-sociale risalire allo sviluppo della città di Vienna, perché la capitale è stata la culla, come è ancora la rocca del nuovo movimento. Vienna dal 59, dal 66 in poi subì la legge di sviluppo propria di tutte le capitali dei grandi Stati. La vecchia città si allargò: fu tracciato il Ring, furono intraprese enormi costruzioni. In tutto questo specularono fortunatamente gli Ebrei, che perciò o soli o meglio degli altri superarono la terribile crisi del 1873, ma divennero singolarmente dopo questa crisi il bersaglio dell’odio che il capitale troppo fortunato e non troppo onesto si accumula sempre contro. Nasce così l’ antisemitismo sotto la forma, che si è sempre storicamente formidabile, della invidia sociale. Naturalmente qui l’invidia si acuisce e si alimenta colle ragioni di razza e di religione. Ci voleva per dar corpo a questo sentimento ancora vago un uomo e una piattaforma. L’uomo fu il Lucger, tanto amato e tanto odiato: egli si rivolse alla piccola borghesia, quella che i nostri cronisti del 300 avrebbero chiamato il popolo minuto, il popolo vero d’una città come Vienna non essenzialmente industriale, popolo di piccoli commercianti, e lo eccitò gridando al pericolo del grosso commercio giudaico. La facile piattaforma fu una serie di provvidenze tutrici del commercio minuto contro la speculazione delle grandi compagnie e dei grandi magazzini. Il movimento che aveva per sé il popolo viennese, e un primo Lucger, si rivolse diretto e con parole efficaci, si accaparrò per il suo carattere antigiudaico le simpatie ardenti del clero secolare e regolare, basso e via via anche alto. S’è formato così a poco a poco un vero blocco che si chiamò da sé cristiano in antitesi e per l’antitesi col giudaismo: blocco il quale oltre il contenuto economico e religioso ebbe anche ed ha un contenuto e una importanza politica.
L’Austria si stava perdendo nella contesa delle nazionalità: nel che men di questo nessuno si ricordava più o tutti si andavano scordando d’essere Austriaci, perché gli stessi tedeschi si consideravano piuttosto… come tedeschi. Il Lucger, e qui l’uomo è nominato in quanto rappresentativo, ha contribuito a ridare in Vienna la popolarità al sentimento austriaco. Vienna per lui non è una città tedesca: Vienna è una città austriaca.
Quando si scriverà la storia, mi diceva una signora molto intelligente, si dovrà dire che noi uomini di quest’alba del secolo XX abbiamo assistito a una specie di resurrezione dell’Austria, e quando si vorrà cercare nei nomi una spiegazione di questo accanto al nome di Francesco Giuseppe bisognerà scrivere quello del burgmeister Lucger. Questo lato politico del moto cristiano-sociale è quello che deve determinare scarse simpatie pangermaniche e dovrebbe determinare simpatie italiane.
Il moto che fin qui economicamente significava difesa della piccola proprietà e del piccolo commercio contro il grosso capitale, difesa religiosa di interessi cristiani contro gli Ebrei, era ristretto o quasi alla capitale: era un partito viennese. L’ambizione di Lucger era di farne un partito imperiale. L’occasione gli fu offerta dalla nuova legge del suffragio universale. Le elezioni portarono bensì al potere più socialisti di quello che si temeva universalmente; ma portò anche molti cristiani-sociali e soprattutto convinse i clericali di vecchio stampo che essi non potrebbero nulla senza i cristiano-sociali, come questi non potrebbero quanto ambivano senza l’appoggio dei così detti clericali. Le due ali si fusero e il partito potè assumere nel Parlamento una parte preponderante.
Il sociologo ha qui da osservare il connubio delle due forze economiche e religiose: l’evolversi del vecchio clericalismo nella nuova democrazia cristiana. Il sociologo maliziosetto e malevolo dirà che la democrazia investe anche il vecchio cristianesimo, che questo fa uno sforzo supremo e innaturale per ringiovanirsi. Chi pensa invece quanto fondo sanamente democratico ci sia nel Vangelo non si meraviglierà di un connubio, che ha certo i suoi lati nuovi, problematici, magari pericolosi ( qual opera di vita fu mai senza rischi), ma che promette d’essere così vigorosa e feconda di frutti così religiosi come sociali. Il mondo austriaco per queste vie si trasforma: ecco la realtà innegabile. Il popolo avrà tutta una serie di riforme elevatrici, avrà necessariamente tutta una nuova educazione politica, che lo stesso partito liberale non gli ha saputo dare.
Quanto a questo fenomeno del connubio economico-religioso, è interessante a studiarsi il lato politico. L’Austria esce da questo crescere del partito cristiano-sociale, esce più forte. Dobbiamo noi Italiani rallegrarcene o dolercene? Ecco se noi continuiamo ad essere dei sentimentali impenitenti, dei quarantottisti cristallizati, malediciamo a Lucger, ai cristiani-sociali, all’Austria risorgente. Ma la politica estera soprattutto non si può fare a base di sentimentalità vaghe; il 48 è passato e la condizione generale d’Europa è oggi ben diversa da quella d’allora. C’ è tuttavia fra noi chi spera che alla morte di Francesco Giuseppe quem Deus diu sospitem servet l’Austria si debba sfasciare. Ahimè cosa ci guadagneremmo noi? noi Italiani? Forse di avere Trento: certo d’ avere alle porte, d’avere sull’adriatico con Trieste per porto un Impero Germanico forte subito di ben 80.000.000 d’uomini che potrebbero divenire diventare anche 100: un impero essenzialmente militare, un Impero che sarebbe una minaccia terribile per tutta l’Europa. Se non ci fosse l’Austria bisognerebbe crearla e poiché c’è bisogna mantenerla e benedire chi la mantiene salvando l’Europa e noi da una spaventosa egemonia di un rinnovato Impero, che sarebbe come il Romano militaresco, ma non sarebbe più sacro. Questa è la realtà, tutto il resto è poesia.
Ma l’Austria limite alle ambizioni pangermaniste, ove sia e rimanga fortemente costituita in sé stessa, ove appaia a Tedeschi e Ungheresi e Boemi come una patria, non sarà una minaccia per l’Italia? La difenderà dalla Germania ma la insidierà per conto proprio. Anche qui bisogna intenderci.
B. Per approfondire:
– G. Semeria “La questione sociale e la Chiesa” in “La Rivista Internazionale di scienze sociali”, Roma, agosto 1893, pagg. 554-578;
– G. Semeria “Dalla conferenza «Giovani cattolici e cattolici giovani»” in “Strenna del Circolo S. Alessandro di Genova” a. 1897, pagg. 103 e segg.;
– G. Semeria “Azione cattolica sostanza vecchia in forma nuova”, Conferenza tenuta nella Chiesa di S. Carlo ai Catinari di Roma, pubblicata, in sunto, su “La Cultura Sociale”, 6.12.1898, pag. 384;
– G. Semeria “L’Eredità del secolo”, Pustet, Roma 1900, pag. 9;
– G. Semeria “Democrazia cristiana e socialismo” in “Il Risveglio Cattolico” di Mondovì, a. IV, n. 53 del 3.07.1901;
– G. Semeria “Le vie della fede. Contributi apologetici“, Libreria Pontificia Federico Pustet, Roma 1903;
– G. Semeria ““Idealità buone: Per la scienza – Per la patria – Per il secolo – Per le donne – Per i giovani – Per gli operai – Per la musica – Per i monti – Per la ginnastica – Per le feste”, Federico Pustet, Roma 1904, pag. 27;
– G. Semeria “L’eredità del secolo“, Federico Pustet, Roma 1900, ristampato, in edizione contraffatta, a cura della Tipografia “L’Arte Bodoniana” di L. Rinfreschi, Piacenza 1903 e dell’Editore Madella, Sesto S. Giovanni 1916;
– G. Semeria “lettere pellegrine”, Soc. Ed. Vita e Pensiero, Milano 1919;
– G. Semeria ” “Gioventù cattolica e partiti politici ” in “Conquista popolare” , 3.10.1922;
– G. Semeria “Politica in diciottesimo” in “Vita Nostra”, Firenze, a. I, n. 2 (febbraio 1921), pagg. 54-56; a. II, n. 1 (gennaio 1922), pagg. 2 e segg.; a. III, n. 1 (gennaio 1923), pagg. 106 e segg.; a. III, n. 1 (gennaio 1922), pagg. 79 e segg., pagg. 101 e segg., pagg. 106 e segg., pagg. 140 e segg., pagg. 207 e segg.;
– G. Semeria *Liberalismo socialismo comunismo e Democrazia cristiana”, La Diana Scolastica, Bologna 1948;
– P. Scoppola “Coscienza religiosa e democrazia nell’Italia contemporanea”, Il Mulino, 1966, pag. 321;
– C. Argenta “Un maestro di impegno civile per i cattolici di ieri e di oggi” in “L’Avvenire d’Italia” Bologna 15.12.1967;
– G. Semeria “I miei quattro Papi (Benedetto XV)” vol. II, scuola Tip. Orfanotrofio Maschile, Amatrice 1931, pag. 148;
– F. Sala “Padre Semeria Barnabita”, L.I.C.E., Torino 1941, pag. 181;
– G. Mesolella “P. Giovanni Semeria tra scienza e fede”, Ed. Dehoniane, Roma 1988, pagg. 177-180;
– G. Semeria “Le tre coscienze, loro genesi e loro natura” in appendice a: G. Mesolella “P. Giovanni Semeria tra scienza e fede”, op. cit., pag. 261;
– G. Semeria “Lettere ai giovani cristiani” (a cura del gruppo editoriale Zaccaria), La Voce, Milano 1990;
– G. Mesolella “P. Giovanni Semeria e l’educazione alla responsabilità” in “Evangelizare”, a. IV, n.1/2, gen./feb. 1999, pagg. 4-5; n.3/4, mar./apr. 1999, pagg. 11-12; n.5/6, mag./giu. 1999, pagg. 4-5; n.9/10, set./ott. 1999, pagg. 6-7; n.11/12, nov./dic. 1999, pagg. 4-5;
– A.M. Gentili “P. Giovanni Semeria nel 75° della morte” in “Barnabiti Studi”, n. 23 (2006), pagg. 329-377;
– D. Veneruso “P. Giovanni Semeria e la democrazia” in ”A 75 anni dalla morte del Servo di Dio P. Giovanni Semeria”, “Barnabiti Studi”, n. 25 (2008)., pagg. 265-276;
– G. Mesolella “P. Giovanni Semeria e la questione meridionale” in ”A 75 anni dalla morte del Servo di Dio P. Giovanni Semeria”, “Barnabiti Studi”, n. 25 (2008), pagg. 315-350;
– G. Mesolella “Padre Semeria. L’impegno dei cattolici nella società e nella Chiesa” in “Evangelizare”, a. XXI, numero speciale (luglio-agosto 2014), pagg. 6-34;
(continua a pag. 2)
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