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  • Il Partito Cristiano Sociale

    Il partito cristiano sociale

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     Archivio Barnabitico di Roma
    Manoscritto n. 72 

     

    A. Il Testo:     B. Per approfondire:     C. Letture consigliate:

     

    A. Il Testo:

    Ci siamo oggi lungamente intrattenuti, io e due amici che seguono da anni attentamente e sur placeil moto austriaco, sulla genesi e la importanza del partito cristiano-sociale, nonché sulle attinenze tra l’Austria e l’Italia.   Credo utile riferire la conversazione nella sua schiettezza.   Chi si ferma poco in un paese non può controllare quanto gli viene riferito: ma la verità ha una sua verosimiglianza fortunatamente!

    Bisogna per intendere la genesi e spiegare la fortuna relativamente rapida del partito cristiano-sociale risalire allo sviluppo della città di Vienna, perché   la capitale  è stata la culla, come  è ancora la rocca del nuovo movimento.   Vienna dal 59, dal 66 in poi subì la legge di sviluppo propria di tutte le capitali dei grandi Stati.   La   vecchia città si allargò: fu tracciato il Ring, furono intraprese enormi costruzioni.   In tutto questo specularono fortunatamente gli Ebrei, che perciò o soli o meglio degli altri superarono la terribile crisi del 1873, ma divennero singolarmente dopo questa crisi il bersaglio dell’odio che il capitale troppo fortunato e non troppo  onesto si accumula  sempre contro.   Nasce così l’ antisemitismo sotto la forma, che si è sempre storicamente formidabile, della invidia sociale.   Naturalmente qui l’invidia si acuisce e si alimenta colle ragioni di razza e di   religione.   Ci   voleva per dar corpo a questo sentimento ancora vago un uomo e una piattaforma.   L’uomo fu il  Lucger, tanto amato e tanto odiato: egli si rivolse alla piccola borghesia, quella che i  nostri cronisti del 300 avrebbero chiamato il  popolo minuto, il popolo vero d’una città come Vienna non essenzialmente industriale, popolo di piccoli commercianti, e lo eccitò gridando al pericolo del   grosso commercio giudaico.     La facile piattaforma fu una serie di   provvidenze   tutrici  del commercio minuto contro la  speculazione  delle grandi  compagnie e dei grandi magazzini.   Il   movimento che aveva per sé  il popolo viennese, e un primo Lucger, si   rivolse diretto e con parole efficaci,  si  accaparrò per il suo carattere antigiudaico le simpatie ardenti del clero secolare e regolare, basso e via via anche alto.   S’è formato così a poco a poco un vero blocco che si chiamò da sé  cristiano in antitesi e per l’antitesi col giudaismo: blocco il quale oltre il contenuto economico e religioso ebbe anche ed ha un contenuto e una importanza politica.

    L’Austria si stava perdendo nella contesa delle nazionalità: nel che men di questo nessuno si ricordava più o tutti si andavano scordando d’essere Austriaci, perché gli stessi tedeschi si  consideravano piuttosto… come tedeschi.   Il Lucger, e qui l’uomo è  nominato in quanto rappresentativo, ha contribuito a ridare in Vienna la popolarità al sentimento austriaco.     Vienna  per lui non è una città tedesca: Vienna è una città austriaca.

    Quando si scriverà la storia, mi diceva una signora molto intelligente, si dovrà dire che noi uomini di quest’alba del secolo XX abbiamo assistito a una specie di resurrezione dell’Austria, e quando si vorrà cercare nei nomi una spiegazione di questo accanto al nome di Francesco Giuseppe bisognerà scrivere quello del burgmeister Lucger.   Questo lato politico del moto cristiano-sociale è quello che deve determinare scarse  simpatie pangermaniche e dovrebbe determinare simpatie italiane.

    Il moto che fin qui economicamente significava difesa della piccola proprietà e del piccolo commercio contro il grosso capitale, difesa religiosa di interessi cristiani contro gli Ebrei, era ristretto o quasi alla capitale: era un partito viennese.   L’ambizione di Lucger era di farne un partito imperiale.   L’occasione gli fu offerta dalla nuova legge del suffragio universale.   Le elezioni portarono bensì al potere più socialisti di quello che si temeva universalmente; ma portò anche molti cristiani-sociali e soprattutto convinse i clericali di vecchio stampo che essi non potrebbero nulla senza i cristiano-sociali,   come questi non potrebbero quanto ambivano senza l’appoggio dei così detti clericali.     Le due ali si fusero e il partito potè assumere nel Parlamento una parte preponderante.

    Il sociologo ha qui da osservare il connubio delle due forze economiche e religiose: l’evolversi del vecchio clericalismo nella nuova democrazia cristiana.   Il sociologo maliziosetto e malevolo dirà che la democrazia investe anche il vecchio cristianesimo, che questo fa uno sforzo supremo e innaturale per ringiovanirsi.   Chi pensa invece quanto fondo sanamente democratico ci sia nel Vangelo non si meraviglierà di un connubio, che ha certo i suoi lati nuovi, problematici, magari pericolosi ( qual opera di vita fu mai   senza   rischi), ma che promette d’essere così vigorosa e feconda di frutti così religiosi come sociali.   Il mondo austriaco per queste vie si trasforma: ecco la realtà innegabile.   Il popolo avrà tutta una serie di riforme elevatrici, avrà necessariamente tutta una nuova educazione politica,  che lo stesso partito liberale non gli ha saputo dare.

    Quanto a questo fenomeno del connubio economico-religioso, è  interessante a studiarsi il lato politico.   L’Austria esce da questo crescere del partito cristiano-sociale,  esce più   forte.   Dobbiamo noi Italiani rallegrarcene o dolercene?   Ecco  se  noi  continuiamo  ad  essere dei sentimentali impenitenti, dei quarantottisti cristallizati, malediciamo a Lucger, ai cristiani-sociali, all’Austria risorgente.   Ma la politica estera soprattutto non si può fare a base di sentimentalità vaghe; il 48 è passato e la condizione generale d’Europa è oggi ben diversa da quella d’allora.   C’ è tuttavia fra noi chi spera che alla morte di Francesco Giuseppe quem Deus diu sospitem servet l’Austria si debba sfasciare.   Ahimè cosa ci guadagneremmo noi?   noi Italiani?   Forse di avere Trento: certo d’ avere alle porte, d’avere sull’adriatico con Trieste per porto un Impero Germanico forte subito di  ben 80.000.000 d’uomini che potrebbero divenire diventare anche 100: un impero essenzialmente militare,   un Impero che sarebbe una minaccia terribile per tutta l’Europa.   Se non ci fosse l’Austria bisognerebbe crearla e poiché c’è bisogna mantenerla e benedire chi la mantiene salvando l’Europa e noi da una spaventosa egemonia di un rinnovato Impero, che sarebbe come il Romano militaresco, ma non sarebbe più sacro.   Questa è la realtà, tutto il resto è poesia.

    Ma l’Austria limite alle ambizioni pangermaniste, ove sia e rimanga fortemente costituita in sé  stessa, ove appaia a Tedeschi e Ungheresi e Boemi come una patria, non sarà una minaccia per l’Italia?   La difenderà dalla Germania ma la insidierà per conto proprio.   Anche qui bisogna intenderci.

     

    B. Per approfondire:

    – G. Semeria “La questione sociale e la Chiesa” in “La Rivista Internazionale di scienze sociali”, Roma, agosto 1893, pagg. 554-578;

    – G. Semeria “Dalla conferenza «Giovani cattolici e cattolici giovani»” in “Strenna del Circolo S. Alessandro di Genova” a. 1897, pagg. 103 e segg.;

    – G. Semeria “Azione cattolica sostanza vecchia in forma nuova”, Conferenza tenuta nella Chiesa di S. Carlo ai Catinari di Roma, pubblicata, in sunto, su  “La Cultura Sociale”, 6.12.1898, pag. 384;

    – G. Semeria “L’Eredità del secolo”, Pustet, Roma 1900, pag. 9;

    – G. Semeria “Democrazia cristiana e socialismo” in “Il Risveglio Cattolico” di Mondovì, a. IV, n. 53 del 3.07.1901;

    – G. Semeria “Le vie della fede. Contributi apologetici“, Libreria Pontificia Federico Pustet, Roma 1903;

    – G. Semeria ““Idealità buone: Per la scienza – Per la patria – Per il secolo – Per le donne – Per i giovani – Per gli operai – Per la musica – Per i monti – Per la ginnastica – Per le feste”,  Federico Pustet, Roma 1904, pag. 27;

    – G. Semeria “L’eredità del secolo“, Federico Pustet, Roma 1900, ristampato, in edizione contraffatta, a cura della Tipografia “L’Arte Bodoniana” di L. Rinfreschi, Piacenza 1903 e dell’Editore Madella, Sesto S. Giovanni 1916;

    – G. Semeria “lettere pellegrine”, Soc. Ed. Vita e Pensiero, Milano 1919;

    – G. Semeria ”   “Gioventù cattolica e partiti politici ” in “Conquista popolare” , 3.10.1922;

    – G. Semeria “Politica in diciottesimo” in “Vita Nostra”, Firenze, a. I, n. 2 (febbraio 1921), pagg. 54-56; a. II, n. 1 (gennaio 1922), pagg. 2 e segg.; a. III, n. 1 (gennaio 1923), pagg. 106 e segg.; a. III, n. 1 (gennaio 1922), pagg. 79 e segg., pagg. 101 e segg., pagg. 106 e segg., pagg. 140 e segg., pagg. 207 e segg.;

    – G. Semeria *Liberalismo socialismo comunismo e Democrazia cristiana”, La Diana Scolastica, Bologna 1948;

    – P. Scoppola “Coscienza religiosa e democrazia nell’Italia contemporanea”, Il Mulino, 1966, pag. 321;

    – C. Argenta “Un maestro di impegno civile per i cattolici di ieri e di oggi” in “L’Avvenire d’Italia” Bologna 15.12.1967;

    – G. Semeria “I miei quattro Papi (Benedetto XV)” vol. II, scuola Tip. Orfanotrofio Maschile, Amatrice 1931, pag. 148;

    – F. Sala “Padre Semeria Barnabita”, L.I.C.E., Torino 1941, pag. 181;

    – G. Mesolella “P. Giovanni Semeria tra scienza e fede”, Ed. Dehoniane, Roma 1988, pagg. 177-180;

    – G. Semeria “Le tre coscienze, loro genesi e loro natura” in appendice a: G. Mesolella “P. Giovanni Semeria tra scienza e fede”, op. cit., pag. 261;

    – G. Semeria “Lettere ai giovani cristiani” (a cura del gruppo editoriale Zaccaria), La Voce, Milano 1990;

    – G. Mesolella “P. Giovanni Semeria e l’educazione alla responsabilità” in “Evangelizare”, a. IV, n.1/2, gen./feb. 1999, pagg. 4-5;  n.3/4, mar./apr. 1999, pagg. 11-12;  n.5/6, mag./giu. 1999, pagg. 4-5;  n.9/10, set./ott. 1999, pagg. 6-7;  n.11/12, nov./dic. 1999, pagg. 4-5;

    – A.M. Gentili “P. Giovanni Semeria nel 75° della morte” in “Barnabiti Studi”, n. 23 (2006), pagg. 329-377;

    – D. Veneruso “P. Giovanni Semeria e la democrazia”  in  ”A 75 anni dalla morte del Servo di Dio P. Giovanni Semeria”, “Barnabiti Studi”, n. 25 (2008)., pagg. 265-276;

    – G. Mesolella “P. Giovanni Semeria e la questione meridionale” in  ”A 75 anni dalla morte del Servo di Dio P. Giovanni Semeria”, “Barnabiti Studi”, n. 25 (2008), pagg. 315-350;

    – G. Mesolella “Padre Semeria. L’impegno dei cattolici nella società e nella Chiesa” in “Evangelizare”, a. XXI, numero speciale (luglio-agosto 2014), pagg. 6-34;

     

    (continua a pag. 2)

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  • Una parola da buoni fratelli su un interesse comune (1890)

    Una parola da buoni fratelli

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     Archivio Barnabitico di Roma
    Manoscritto n. 68 

     

    Lettera al Direttore della “Voce” sulla partecipazione dei cattolici alla vita politica

    A. Il Testo:     B. Per approfondire:     C. Letture consigliate:

     

    A. Il Testo:

    Pregiatissimo Signor Direttore,

    Le sarò da parte mia molto riconoscente se, quand’Ella lo giudichi opportuno, vorrà far un posticino nel suo giornale così benemerito della buona causa a queste mie chiacchiere.

    Giorni addietro comparvero sull’Unità Cattolica varie lettere che io conosco solo per qualche brano riferitone in altri giornali più specialmente per un articolo della Voce della Verità , dove ne erano riassunti i concetti fondamentali.   In quelle lettere e in questo articolo si dimostra od almeno si cerca di mostrare essere opportunissimo e direi quasi necessario che i cattolici continuino in quella astensione dalla vita politica, che s’è finora seguita.   Avendo io in animo di esporre alla buona quelle considerazioni che da lungo tempo mi fermentano in capo e che quegli articoli hanno eziando più vivamente ridestato m’è necessario premettere alcune avvertenze per non dar luogo ad equivoci.

    Sono cattolico e quindi debbo e voglio innanzi tutto mantenuta l’ obbedienza e la carità.   L’obbedienza, come è chiaro, mi fa esternamente ed internamente rispettoso per le disposizioni del Papa, a cui spetta dirigere la lotta e tracciare la linea di azione.   Or bene il Papa sulla questione della partecipazione alla vita pubblica si è pronunciato abbastanza chiaramente da non venir frainteso. Però mi si permettano due osservazioni che mi paiono giuste. Le disposizioni del Papa a questo proposito non sono di quelle disposizioni assolute che non possono venir mutate, come tutte le disposizioni dogmatiche e morali. Qui si tratta invece, e su questo punto non ho mai veduto far questione, di una misura di prudenza, d’una linea d’azione che domani il Papa, cessate certe ragioni e sortene certe altre, potrebbe credere opportuno di cangiare.   Ora i lodati articoli contengono oltreché la giustificazione della politica presente, un accenno quanto si vuole implicito alla futura, checché ne sia, delle intenzioni degli scrittori (delle quali non ho certo il segreto).   Dai loro scritti traspare questa aspirazione che pel bene vero della Chiesa e dell’Italia, bene che niun cattolico italiano può scompagnare, si continui nell’astensione finora praticata.   Chi dice: la strada che si batte hic et nunc è buona, ed è la sola buona, un’altra strada per cui qualcuno vorrebbe mettersi mena al deserto e al precipizio, costui, voglia o no, viene a dire: Teniamo ora e sempre la stessa strada, né la si cangi per tutto l’oro del mondo.   Orbene se si può legittimamente aspirare ad una politica avvenire che sia la continuazione della presente, non veggo perché non si possa aspirare ad una politica che ne sia diversa: giacché esiste forse anche per gli anni avvenire qualche disposizione del Papa?   Se si lavora con gli scritti a preparare la continuazione non vedo perché non si possa preparare una qualche novità.

    Ma dell’avvenire lasciamo alla Provvidenza il pensiero, e fermiamoci nel presente. Stando al presente mi preme che si distingua tra una disposizione e le ragioni che non il Superiore, mai suddito, anche ottimamente intenzionati ne arrecano.   Se il Papa ha manifestato particolari ragioni e precise dell’ordine dato d’astenesi dalle urne politiche, io mi guarderò bene dal disertarle. Ma finché mi si portano da altri che non è il Papa delle ragioni che possono essere quelle del Papa e possono non esserlo, mantengo il mio diritto di discuterle.   Ed è questo diritto precisamente che vorrei esercitare in queste noterelle. Col che, ben inteso, non intendo punto di ledere la carità.    Se ci fu e ci è al mondo discussione che non debba offendere la carità è certo quella che si fa tra cattolici e più che altro la presente.   Siamo cattolici e ciò vuole dire che siamo fratelli non solo in Adamo non solo in Gesù Cristo, ma fratelli nella vera famiglia di Gesù che è la sua Chiesa: abbiamo comuni le aspirazioni e i principii. Il che non toglie, è vero, che ciascuno non possa avere sul modo migliore di attuare i principii e realizzare le comuni aspirazioni qualche sua veduta particolare, e che non possa nei limiti concessi palesarla; ma toglie che tale manifestazione sia a detrimento della carità, perché non lede l’ unione che della carità è la base: in necessariis unitas. Ed affinché i modi  della manifestazione non rendano nociva alla carità quella manifestazione che in sé medesima è innocua, farò del mio meglio per tenermi entro i limiti di una discussione  non solo urbana, non solo amichevole, perché non siamo solo uomini ed amici, ma fraterna, perché siamo e vogliamo essere fratelli.   Perciò stesso protesto di rispettare le vedute di coloro con cui imprendo a discutere ed anticipatamente ritiro ogni parola che potesse sembrare offensiva. Solo prego tutti a volermi leggere spassionatamente, e se qualcuno desse mai tanto peso a queste chiacchiere da voler rispondere, aspetti a farlo quando avrò finito di esporre tutto il mio pensiero.

    Dopo questo preambolo, a dir vero un po’ lungo ma non inutile, eccomi all’articolo della Voce della Verità (Venerdì 25 aprile 1890 Le mani nette).   Dopo un esordio molto più breve del mio l’articolista entra in materia.   La sua impresa, il suo obiettivo è precisamente quello di disilludere il manipolo di illusi che aspirano al vanto di essere i pionieri di una nuova maniera di svolgere l’azione cattolica nella società civilee nella politica italiana. Il qual linguaggio mira, implicitamente, a gettare su di costoro quel dirò così disprezzo che accompagna sempre, volis nolis (vuoi o non vuoi ndr) la minoranza; e molto più quella che invece di poter mostrare dei fatti passati o presenti non può mostrar che aspirazioni.   Su questo manipolo l’articolo della Voce ama di scherzare urbanamente e la fine, rispondendo secondo le migliori regole, al principio li battezza appunto come i poeti della gran questione che oggi si dibatte tra la Chiesa e lo Stato italiano.

    Quando sarò anch’io giunto alla fine (chi sa quando? perché senza aver ancora un concetto molto esatto dei limiti entro cui mi conterrò, ho un  quasi presentimento che non debbano essere troppo bravi) sarà il momento di dire una parola su questa poesia.   Intanto restringendomi alla quistione del numero, dirò che l’osservazione è al tutto fuor di proposito. Dapprima non credo che si sia mai fatto nessun censimento per contarli. In secondo luogo ci sono molti, forse più che la Voce non pensa, i quali appartengono a questo manipolo, ma non tutti hanno modo di farsi sentire, né hanno la smania di far sapere le loro aspirazioni. Ciò non ostante gli ultimi fatti di Roma all’Unione Romana (fatto che la Voce ha avuto la prudenza di seppellire in un glaciale silenzio) mostrano abbastanza se, almeno qui in Roma, sono poi tanto pochi questi pionieri: e fuor di Roma, non credo che sian meno, se pur non sono di più.   Ma, detto questo, unicamente per metter le cose al loro posto e per far conoscere tutta intera la verità, soggiungerò tosto che i conti sul numero li tengo, come ho detto, fuor di proposito. Non si tratta di vedere se sono pochi o molti, ma se sono illusi o in senno. La Voce li tratta da illusi: ma importa discutere le ragioni di una sentenza, che non è inappellabile.

    Il primo argomento della Voce è questo: Che cosa andreste voi a fare nel Parlamento? Voi non potreste risolvere la quistione romana, che è l’unica quistione interessante pei Cattolici Italiani.   Dunque è inutile che ci andiate.   Anzi sussume, la Voce … ma lasciamo la sussunta per quando avremo detto una parola sull’argomento.

    “Partecipando alla vita politica i Cattolici non possono sciogliere la Quistione Romana.”

    La Voce è un giornale logico, mi permetterà l’uso delle distinzioni.   Ebbene io distinguo: Subito lo conceda. Bisognerebbe essere ben ingenui per immaginare quest’ordine di avvenimenti. Domani il Papa dice: Figli della Chiesa e dell’Italia vi lascio libertà di provvedere in tutti i modi legali alla salute d’entrambe.   Il giorno dopo si fanno le elezioni: i Cattolici maggioranza o minoranza che riescano entrano in Parlamento e vi propongono il trasporto della capitale a Firenze etc.   Ma da non poterla risolvere subito ne vien forse che non potrebbero far nulla per questa benedetta quistione?   Qui parliamoci chiaro, franco e sgombriamo dalle illusioni.

    Primo: essi avvierebbero almeno una qualche soluzione di questa quistione, mentre astenendoci non ne avviamo nessuna.   Questo primo punto mi par chiaro come la luce del sole: chiaro che la partecipazione alla vita pubblica è un qualche avviamento a sciogliere una quistione pubblica: chiaro pure che finora un avviamento pratico non l’abbiamo. Infatti che cosa possiamo noi oggi fare per questa quistione?   Pregare che è la miglior cosa, ma non sufficiente, in questo senso che Dio non aggiusta, almen di solito, Lui direttamente le cose, ma si serve di mezzi creati, umani per aggiustar le cose create ed umane. Ma fuori della preghiera qual mezzo?   Io suppongo che domani si presenti alla Voce della Verità un giovane di bell’ingegno, di cuore e Le dica: Voglio far qualcosa per la Chiesa e la mia patria, e precisamente per sciorre la Quistione Romana. Che cosa mi consigliate? Qui per fortuna la Voce mi risponde nello stesso articolo: “Mano all’opera di sempre più allargare la propria attività tra le classi popolari e fra la gioventù per mezzo delle associazioni cattoliche, della scuola, delle opere religiose e della Stampa Cristiana.”

    (segue a pag. 2)


  • Il Patriottismo che è religioso presso tutti i popoli, in Italia è cristiano

    Il Patriottismo cristiano

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     Archivio Barnabitico di Roma
    Manoscritto n. 72 A 

     

    A. Il Testo:     B. Per approfondire:     C. Letture consigliate:

     

    A. Il Testo:

    Lo so, signori miei, un dissidio c’è oggi in Italia e pare che sia tra due sentimenti per natura loro e per tradizione storica concordi.   Né  io sono così ingenuo da credere di averlo composto o di poterlo comporre in un discorso – da credermi d’aver   convinto tutti  i patrioti ad essere cristiani… quanto ai cristiani il patriottismo l’ebbero come sacro dovere da quel Gesù che redentore della umanità ha prediletto la sua Gerusalemme…  la sua patria.

    Uscendo dal tempio ciascuno di noi riprenderà, lo so, il suo posto di battaglia.   Ma vorrei, o signori, che lo riprendessimo tutti con una lealtà degna dei cavalieri del buon tempo antico.   Pure intendendo la italianità in certe particolarità almeno,  diversamente rispettiamoci, non lanciamoci a vicenda l’insulto di nemici della patria, non facciamo di quello che dovrebbe  essere l’altare della concordia la pietra assidua della divisione e dello scandalo.

    E questo rispetto meritiamolo lavorando ciascuno al bene d’Italia sinceramente, non preferendo mai ai suoi gli interessi d’un partito.

    Amiamola l’Italia, miei fratelli cattolici, e lavoriamo in tutti gli onesti modi alla sua grandezza.   Non ci sia gloria di lei che ci lasci indifferenti lieti non sventura  di lei che non ci commuova.

    Rammentiamoci che un fatto solo vale mille proteste – che il paese sarà ed  è bene  è giusto che sia per chi a fatti avrà mostrato di amarlo di più.   Ma voi alla vostra volta, o miei fratelli liberali, siate d’ogni  cristiana libertà in  Italia sinceramente, profondamente rispettosi – non ripiegate mai non abbassate neanche nel santuario quella bandiera che avete fieramente eretta – ricordatevi che gli Italiani sono un popolo di credenti – ricordatevi che in un un profondo sentimento religioso  v’è il palladio d’una libertà così facile e pronta a degenerare in licenza e nella licenza condannata a corrompersi e disfarsi.

    Nel rispetto sicuro della libertà, nella schiettezza del sentimento religioso, nell’amore indomito alla patria prepariamo quella pacificazione religiosa d’Italia, che non dobbiamo aspettare o invocare come una bella e fortunata combinazione, ma che dobbiamo meritare dal cielo  come una grazia e affrettare agevolare noi con l’opera nostra.   Lavorateci voi giovani soprattutto, senza vincoli col passato e sicuri di energie per l’avvenire.

     

    B. Per approfondire:

    – P. Semeria “Pro Patria” (sunto della conferenza) in “La croce pisana: periodico settimanale”, fasc. 5, 4 febbraio 1900, pagg. 1-2;

    – G. Semeria ““Idealità buone: Per la scienza – Per la patria – Per il secolo – Per le donne – Per i giovani – Per gli operai – Per la musica – Per i monti – Per la ginnastica – Per le feste”,  Federico Pustet, Roma 1904, pag. 27;

    – G. Semeria “Prefazione” a: L. Lacroix “Il patriottismo”, Libreria Ed. Fiorentina, Firenze 1906;

    – G. Semeria  “Un abile manifesto per la pace”  in  “Rassegna Nazionale”, 1° ottobre 1913, pagg. 361-369;

    – G. Semeria (Mario Brusadelli) “La guerra di fronte al Vangelo” in “Vita e Pensiero”, Milano, a. I, fasc. 6, 10 marzo 1915, pagg. 72-75. Ristampato anche in: G. Semeria “Saggi… clandestini”, Ediz. domenicane, 1967, vol. II, pagg. 327-344;

    – G. Semeria “L’ideale cristiano e la guerra”  in “Voci amiche”, Milano, a. V, agosto-ottobre 1915;

    – G. Semeria “Les surprises de notre guerre” in “La Revue Hebdomadaire”, Paris, 4 aprile 1917, pagg. 5-29;

    – G. Semeria  (c.s.) “La filosofia della guerra in G. De Maistre ”  in “Rivista di filosofia neoscolastica”, Milano, a. VII (1915), fasc. I, pagg. 167-185. Ristampato anche in: G. Semeria “Saggi… clandestini”, Ediz. domenicane, 1967, vol. II, pagg. 155-180;

    – G. Semeria(c.s.) “I cattolici italiani e la guerra” in “Vita e Pensiero”, Milano, a. II, vol. IV, 30 settembre 1916, pagg.  186-195 [Risposta a una lettera di F. Olgiati];

    – G. Semeria “I nostri cappellani militari”, in “Touring Club Italiano”, a. XXII, 9.09.2016, pagg. 481-486;

    – G. Semeria “Introduzione” a: A. Gemelli  “Il nostro soldato. Saggi di psicologia militare”, Treves, Milano 1917;

    – P. Giovanni Semeria “Da una lettera del padre Semeria al Comitato Nazionale per l’Assistenza regiosa nell’Esercito” in “Fede e patriottismo: l’opera dei comitati assistenza religiosa. Comitato nazionale assistenza religiosa”,  Scuola tipografica salesiana, Roma 1918;

    – G. Semeria “Il patriottismo di Dante”,  Conferenza tenuta a Milano il 2 gennaio 1921;

    – G. Semeria “Glorificazione di guerrieri o apoteosi della guerra?” in “Corriere d’Italia”, 2.11.1921;

    – G. Semeria “Memorie di guerra”, Amatrix, Roma 1924;

    – G. Semeria “Nuove memorie di guerra”, Amatrix, Milano 1928;

    – G. Semeria “Luigi Cadorna soldato di Dio e della patria “ in “Mater Divinae Providentiae – Mater orphanorum”, febbraio 1929;

    – G. Semeria “Una vecchia questione che torna a galla (il patriottismo del Manzoni)” in “Scuola Italiana Moderna”, Brescia, 24 settembre 1930;

    – F. Sala “Padre Semeria Barnabita”, L.I.C.E., Torino 1941 (in edizione minore nel 1932);

    – G. Boffito “Semeria” in “Scrittori barnabiti o della Congregazione dei chierici regolari di San Paolo (1533-1933)Biografia, bibliografia, iconografia”, vol. IIIOlschki, Firenze 1934, pagg. 477-513 e vol. IV, Appendice, pagg. 440-441, 588-589 [anche in: S. Pagano “La scienza della carità e la carità della scienza nel servo di Di Padre Giovanni Semeria“, “Evangelizare” numero speciale a. III, n. 8, agosto 1996, pagg. 25-52];

    – G. De Sando “Giovanni Semeria cappellano militare, padre degli orfani di guerra: Ricordi ed aneddoti“, Liber, Milano 1934;

    – G. Minozzi “Ricordi di Guerra” 2 voll., Tip. dell’Orfanofrofio Maschile, Amatrice 1956, 1959;

    – G. Minozzi “Padre Giovanni Semeria” (a cura di R. Panzone), Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia, Roma-Milano 1967;

    – V. Colciago “Note Biografiche” in introduzione a G. Semeria “Saggi… clandestini”, Ediz. domenicane, 1967, vol. II, pagg. 374-394;

    – G. Mesolella “P. Giovanni Semeria tra scienza e fede”, Ed. Dehoniane, Roma 1988;

    – G. Ravasi “Una preghiera per l’Italia” in “Famiglia cristiana”, n. 20, 1997, pag. 5;

    – A.M. Gentili “P. Giovanni Semeria nel 75° della morte” in “Barnabiti Studi”, n. 23 (2006), pagg. 291-328;

    – Filippo M. Lovison (a cura di), “A 75 anni dalla morte del Servo di Dio P. Giovanni Semeria. Una coscienza insoddisfatta“, Atti del Convegno tenuto a Roma il 15 marzo 2007, in Barnabiti Studi. Rivista di Ricerche storiche dei Chierici Regolari di San Paolo (Barnabiti), Roma, a. 25 (2008);

    –  I.R. Zanini “Padre Semeria. Destinazione carità”, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2008;

    – F.M. Lovison “Giovanni Semeria: dalle “Soirées italiques” belghe al patriottismo di Dante. Sottolineature europee” in ”Barnabiti Studi” n. 28 (2011), pagg. 173-244;

    – M. Squillaci “Il patriottismo umano di P. Semeria” in  “Evangelizare” a. XIX, n. 6 (giugno 2012), pagg. 4-6;

    – A. Miniero “Da Versailles al Milite Ignoto: Rituali e retoriche della Vittoria in Europa (1919-1921)”, Gangemi Editore, Roma 2016, pag. 212;

     

    (continua a pag. 2)

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  • “Il Cristianesimo di Severino Boezio rivendicato” (1888)

    Il Cristianesimo di Severino Boezio rivendicato(1900)

    In questa sezione presenteremo una scheda critica essenziale dei volumi che risultano fondamentali per comprendere il pensiero e l’opera del Padre Barnabita.

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  • Lettere Pellegrine (1919)

    Lettere Pellegrine (1919)

    In questa sezione presenteremo una scheda critica essenziale dei volumi che risultano fondamentali per comprendere il pensiero e l’opera del Padre Barnabita.

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  • P. Giovanni Semeria e la Scienza della Carità

    La scienza della carità

     Bibliografia essenziale

     

    Ad una lettura superficiale e parziale della produzione semeriana, non pochi potrebbero essere portati a pensare che il religioso sia passato – complice l’esperienza tragica della guerra  – da una concezione giovanile della Carità, talvolta ai limiti dell’ortodossia, intesa come ricerca critica sulle fonti e impegno apologetico contro le ideologie positiviste, ad una concezione più ortodossa, più concreta, per la quale ha indirizzato ogni suo sforzo, fisico ed intellettuale, alla ricerca di pane per gli orfani di guerra1.

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  • L’eredità del secolo (1900)

    L'eredità del secolo (1900)

    In questa sezione presenteremo una scheda critica essenziale dei volumi che risultano fondamentali per comprendere il pensiero e l’opera del Padre Barnabita.

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  • “P. Semeria. L’impegno dei cristiani nella società e nella Chiesa”

    familyfestival “Padre Semeria. L’impegno dei cattolici nella società e nella Chiesa”

    Numero Speciale di “Evangelizare”, Rivista dell’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia

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